Senza energia e senza benzina non si produce
La politica estera di Berlusconi era fondata sulla ricerca di soluzioni all’emergenza energetica. Si strutturava su tre assi di relazioni privilegiate con Russia, Turchia e Libia. Ovviamente la stampa pre-montiana lo accusava per questo di essere in combutta con autocrati, califfi e raìs. Fatto sta che ci davano il gas. Un altro pallino del centrodestra era di tentare di riavviare la produzione di energia nucleare, per supplire alla carenza di fornitura nazionale e diminuire l’importazione – a carissimo prezzo – della stessa energia prodotta in Francia e Slovenia. Un referendum popolare agitato dai fantasmi di Fukushima ci ha riconsegnato al medioevo energetico al quale ci aveva condannato il precedente referendum dell’87. Le congiunture politiche stanno per costringerci a rinunciare alla fornitura indispensabile di greggio che proviene dall’Iran, sotto embargo per il sospetto che stia fabbricando inutili e dispendiose armi nucleari. In realtà è più ragionevole pensare che si stia affrettando a garantirsi energia nucleare sufficiente ad un grande balzo produttivo che ne faccia una potenza a livello regionale e gli consenta di fare del suo greggio un prodotto di scambio di immenso valore. Per produrre, trasportare e vivere è indispensabile energia, in abbondanza e a basso costo. L’aumento della benzina operato dai tecnici per fare cassa è il peccato originale di un governo che non potrà fare nulla per il rilancio e lo sviluppo. Avremo negozi aperti tutta la settimana, ma i prodotti italiani costeranno più di ogni altro e non avremo la benzina per andarci.