Non votano i popoli ma il rating
Per la cronaca, le agenzie di rating non sono autorità istituzionali ma soggetti privati. Negli Usa le chiamano “le tre sorelle”, richiamando le “sette sorelle” che avevano il monopolio del petrolio. Si tratta di Fitch, Moody’s e Standard&Poor e il loro monopolio frutta molto di più di quello dell’oro nero. Chi garantisce, però, non dovrebbe essere parte in causa. Invece le agenzie partecipano al gioco delle borse. Negli Usa sono sotto pocesso per corruzione in connessione al crack della Lehman Brothers. L’ovvia caratteristica dei mercati azionari che sembra sfuggire ai più è che essi devono “fluttuare”, altrimenti non si può speculare. Quindi c’è anche chi li fa muovere artificiosamente. Da quando anche i titoli di Stato e i debiti sovrani hanno bisogno del certificato di rating, nessuno Stato ha più la sovranità economica. Moody’s può mandare a picco un’economia nazionale per un semplice capriccio. I “mercati” deificati dai media nella fase “anti-Silvio”, non hanno simpatie politiche, mirano solo al profitto. Hanno umori instabili, condizionati da previsioni spesso meno attendibili degli oroscopi. Va da sé che, se le nazioni vengono ridotte allo status di “pagatori” e la loro affidbilità come tali viene valutata da attori dei mercati finanziari, la sovranità è irrimediabilmente compromessa. Per ristabilire il potere dei popoli sulle proprie economie, ci vorrebbe la politica. Ma gli italiani hanno già deciso che è una perdita di tempo.