L’“integralista” e i californiani: i paradossi Usa
Le due facce della democrazia americana sono a duemila chilometri di distanza: più o meno quanto intercorre tra l’Iowa e la California. Da una parte la prima puntata della lunga stagione della corsa per la Casa Bianca: i “caucus”, che hanno visto prevalere Mitt Romney di appena otto voti su 122mila complessivi, per la nomination repubblicana. Des Moines chiama Los Angeles risponde: Gli elettori californiani nel prossimo giugno voteranno non solo per la nomination sul prossimo presidente degli Stati Uniti, ma anche su un quesito referendario che suonerà più o meno in questi termini: «Gli attori di film porno devono essere obbligati a indossare il condom durante le riprese?». È la deriva della democrazia diretta, in California, per cui il cittadino è chiamato a intervenire su tutto lo scibile umano scavalcando il parlamento di Sacramento e spesso andando in conflitto con la Costituzione.
Due mondi apparentemente agli antipodi sotto la stessa bandiera a stelle e strisce.
Il vero vincitore nell’Iowa non è Romney – come lo ha definito David Letterman «più che un politico sembra un presentatore tv degli anni Settanta» – ma Rick Santorum. Forte di trentamila e sette voti contro i trentamila e quindici di Romney, il favorito alla vittoria finale, ha un programma elettorale che neanche Borghezio dopo il quinto grappino potrebbe concepire. L’ex senatore di origine italiana (il nonno era originario di Treviso e venne in America nel 1925 «per scappare da Mussolini», ha raccontato ieri in conferenza stampa arricchendo la biografia familiare con un aneddoto probabilmente scritto all’impronta dai suoi spin doctor). Per capire chi è Santorum, nel 2008 fece fuoco e fiamme contro la Corte suprema che aveva cancellato il bando della «sodomia in camera da letto», che era ancora vigente nelle leggi di 13 Stati.
Considerato il campione dei conservatori cristiani, sulla difesa dei «valori tradizionali» e sull’opposizione all’aborto e ai matrimoni fra persone dello stesso sesso ha fatto più che una battaglia politica, una crociata integralista. Per tacere del suo programma in politica estera per cui il suo concetto di linea «dura» contro l’Iran è molto vicino al termine «guerra». Per capire di chi parliamo, secondo la rivista Scientific American, che ha stilato la classifica dei suoi preferiti tra i candidati repubblicani, Romney, evoluzionista e legato alle industrie della Silicon Valley, è decisamente il «male minore» rispetto a Santorum, creazionista e convinto che i cambiamenti climatici siano «una beffa». Sono noti inoltre gli attacchi di Santorum al concetto di cambiamenti climatici, e la sua inclinazione a considerare creazionismo ed evoluzionismo «due teorie». Peggio di lui fa solo Michelle Bachmann, che ha affermato fra le altre cose che il vaccino per l’Hpv causa disabilità mentali e che quella dei cambiamenti climatici è «una scienza costruita per distribuire la ricchezza americana agli altri Paesi». A proposito della paladina del movimento dei Tea Party, dopo essere giunta sesta nei caucus in Iowa ha compreso che «non c’era margine per proseguire» e ha sospeso la sua campagna per la nomination repubblicana alla Casa Bianca.
Dai candidati oscurantisti come Santorum e Bachman al “politically correct” portato alle estreme conseguenze il passo è sorprendentemente breve. Si profila infatti un doppio impegno per gli elettori di Los Angeles. Nella Contea, a giugno del prossimo anno, potrebbero essere chiamati alle urne non solo per esprimere la propria preferenza alle primarie presidenziali, ma anche per decidere se gli attori dei film pornografici debbano essere obbligati a indossare il preservativo sul set. Un traguardo per il quale si è battuta per anni l’Aids Healthcare Foundation. Il gruppo ha fatto azione di lobbying sui legislatori dello Stato, della contea e della affinché adottassero dei provvedimenti per costringere attori e produttori di film per adulti a usare il condom e a pagare una tassa per coprire i costi delle ispezioni necessarie a verificare il rispetto dell«obbligo di protezione. Ma nulla si è mosso. Così la Fondazione, vedendo i suoi sforzi frustrati, ha deciso quest’estate di trasferire la questione “pornografia sicura” sulla scheda elettorale. Non è stato facile, ma alla fine gli attivisti anti-Aids sono riusciti – sulla carta – ad affiancare il quesito sul condom a quello sui prossimi candidati alla presidenza degli Stati Uniti e la notizia è rimbalzata sui media internazionali.
Il dibattito in California è acceso: persino il Los Angeles Times, dopo aver dedicato un editoriale alla questione, schierandosi senza indugi per il preservativo obbligatorio, ha lanciato un sondaggio tra i lettori per valutare se sia davvero importante portare i cittadini alle urne per un tema del genere. L’avvocato della città, Carmen Trutanich, ha portato le carte in tribunale. Il dubbio sollevato è che gli elettori non abbiano l’autorità legale per adottare la misura e che solo lo Stato abbia il mandato per varare tali norme. Steven Hirsch, un veterano dell’industria pornografica, fondatore della Vivid Entertainment, ha dichiarato che anche se la misura fosse approvata sarebbe quasi impossibile da applicare, ritenendo irrealistico che una città possa normare il modo in cui vengono girati i film. «Cosa hanno intenzione di fare? Mandare la polizia del condom a pattugliare i set?»