Sinistra “delusa”: Trichet non se la prende con noi

11 Ott 2011 19:46 - di

Per il Pd e l’opposizione l’allarme di Trichet è una botta non indifferente perché demolisce il castello di sabbia con cui hanno tentato di addossare tutta la colpa della crisi economica al governo. «La situazione peggiora, basta ritardi»: il giorno dopo il rinvio al 23 ottobre della riunione del Consiglio europeo, il presidente della Bce ha assunto l’iniziativa e, in un’audizione di fronte alla commissione Affari economici del Parlamento europeo, ha avvertito che «la crisi del debito ha ormai raggiunto dimensione sistemica e nelle ultime tre settimane è peggiorata». Come dire che mentre l’Europa (tutta, non l’Italia), con in testa Francia e Germania, indugiava sulle cose da fare la speculazione non dormiva. E ogni ulteriore ritardo ad agire non faceva che aggravare la situazione. La prova? Il fatto che la Grecia, mentre attende gli otto miliardi della sesta tranche di aiuti, ha praticamente fallito il raggiungimento degli obiettivi fiscali per il 2011. La troika (Ue-Bce-Fmi), che in questi giorni sta facendo le pulci ai conti di Atene, ieri ha preso atto di questa situazione sottolineando che le misure aggiuntive decise dal governo greco rimetteranno il programma fiscale sul percorso giusto.

Corsa contro il tempo

Ma se la situazione dovesse deteriorarsi ulteriormente, mentre Francia e Germania si baloccano sulle cose da fare, questo non sarebbe più possibile. «Abbiamo i minuti contati – ha detto Trichet – il rinvio del vertice Ue ha un senso se l’Europa, nel frattempo, saprà trovare risposte chiare sulla crisi del debito sovrano», che ha epicentro nel Vecchio Continente, dove sta passando dalle piccole economie ai Paesi più importanti, ma è globale, in quanto si sta allargando a Stati Uniti e Giappone. Per questo «le istituzioni finanziarie e le istituzioni europee devono raccogliere la sfida e agire insieme rapidamente»: l’alta volatilità dei mercati azionari indica che le tensioni si sono allargate ai mercati e ai capitali di tutto il mondo. Anche la liquidità e il finanziamento delle banche è a rischio Trichet auspica che decisioni concrete possano arrivare già nel vertice del 23 ottobre. E, in questo senso, rileva che «potrebbe essere benefica la possibilità che l’Efsf (Fondo salva Stati) presti soldi ai goiverni per ricapitalizzare gli istituti di credito».

Austerità permanente
L’allarme di Trichet trova conforto nelle previsioni negative che arrivano dal rapporto trimestrale della Commissione Ue in cui si affronta il problema del debito pubblico elevato. Secondo il dossier, in molti Paesi della zona euro saranno necessarie «ulteriori misure di consolidamento dei conti, oltre a quelle già prese finora», per assicurare la stabilità delle finanze pubbliche. In assenza di misure di consolidamento aggiuntive, spiega Bruxelles, il debito salirà sopra il 100 per cento dei Pil nei prossimi 15 anni e continerà a crescere anche in seguito. In quest’ottica, la Commissione Ue ritiene che servano da un lato misure di austerità permanente, per abbattere il debito e impedirgli di crescere anche negli anni a venire; dall’altro una radicale correzione dei conti pubblici a lungo termine per prevenire i problemi legati all’invecchiamento della popolazione e alla conseguente crescita dei costi sociali. Il tutto, in ogni caso, dovrà andare di pari passo con misure di stimolo alla crescita. Se l’economia continuerà a mantenersi stagnante, infatti, tutto diventerà più difficile. Per l’Italia la parola d’ordine sono quindi le riforme necessarie per dare la scossa necessaria sul fronte dello sviluppo. La crescita, si sa, non la si fa per decreto. Ma per decreto il governo si appresta a creare le premesse perché la ripresa possa attecchire più facilmente.

L’Italia non è la Grecia
Esecutivo e parti sociali sono da diverse settimane al lavoro per mettere a punto quel piano per la crescita che dovrebbe essere varato il 20 ottobre. Sul tavolo di Tremonti c’è la riforma fiscale e quella assistenziale, ma si discute anche della possibilità di riformare le pensioni e vendere i beni pubblici per mettere insieme risorse e fare poi investimenti. Palazzo Chigi dà così il via alla fase due, dopo aver messo in sicurezza i conti pubblici e aver varato i provvedimenti necessari per raggiungere il pareggio di bilancio a fine 2013. Due manovre economiche, varate in rapida successione, hanno tranquillizzato i mercati, tanto che lo spread del nostro Btp rispetto al bund tedesco è sceso di nuovo a livelli accettabili. Si riprende anche Piazza Affari. E cresce, soprattutto, la produzione industriale (ad agosto è tornata a un livello mai visto da 11 anni a questa parte), l’occupazione (220mila posti di lavoro in un anno), e la cassa integrazione, che tra settembre 2010 e settembre 2011 ha subito un crollo del 21 per cento. La crisi morde ancora, insomma, ma l’Italia non è la Grecia. E da noi, finora, la pace sociale ha retto: non ci sono stati scioperi generali né contestazioni violente di piazza. La scelta del governo di investire in ammortizzatori sociali una cospicua parte della dote economica disponibile a fine 2008 ha dato i suoi frutti, anche se l’opposizione e la stampa nostrana continuano a dipengerci come un Paese sull’orlo del baratro.

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