Mistero Bankitalia, prosegue la partita a scacchi
Il nodo della nomina del nuovo governatore della Banca d’Italia è lo specchio dell’ingarbugliata situazione politica ed economica di questi giorni. Silvio Berlusconi ieri ha tracciato la linea oltre la quale non si andrà: «Deciderò io entro il 1 novembre», giorno in cui l’attuale governatore Mario Draghi prenderà il posto alla presidenza della Banca centrale europea. È evidente, però, come lo spostamento così in avanti della decisione per una casella così importante coincida con una querelle politica (ma non solo politica) che vede da una parte il premier e dall’altra il “superministro” dell’Economia Giulio Tremonti.
Il braccio di ferro
Il punto è che anche sul nome del successore di Draghi è in atto l’ennesimo braccio di ferro: la nomina del successore, infatti, è in stallo da settimane dopo che il ministro Tremonti si è schierato contro quella del direttore generale della Banca d’Italia Fabrizio Saccomanni, sostenuto da Draghi e gradito al premier. Candidato del ministro invece è Vittorio Grilli, attuale direttore generale del Tesoro. Sul peso di queste polemiche con Tremonti degli ultimi giorni Berlusconi ha voluto chiarire: «Stiamo parlando di molte cose. Non si può pretendere che io e Tremonti abbiamo le stesse idee su tutto». Come se non bastasse, a complicare il quadro ci si è messo pure Umberto Bossi che prima ha giudicato la scelta Grilli la migliore in quanto «è di Milano», e ieri è tornato sull’argomento: «È un problema per il governo», ha spiegato il senatùr, dimostrando che non è stato ancora risolto il braccio di ferro in corso tra il premier e Tremonti. E Bossi ha aggiunto: «Io avrei scelto molto prima. È un problema. Io punto su Grilli, è il migliore in circolazione in Ue». Nonostante ciò, però, Berlusconi ha voluto – seppur ascoltando umori e malumori di tutti, incluso Tremonti – ribadire il fatto che alla fine la scelta del governatore è “cosa sua”. Ma dietro al nodo della scelta del governatore non vi è solo il “duello” tutto interno al governo.
La scelta di Bankitalia: Saccomanni
Prima di tutto vi sono delle ragioni di carattere interno che fanno sì che la Banca d’Italia ovviamente prediliga la continuità, con una persona che proviene dall’amministrazione con tutto ciò che riguarda il profilo di indipendenza e di autonomia. Del resto sono principi che sono iscritti nel dna dell’istituzione e sono gli stessi che vengono affermati in ogni luogo dalla Banca. All’interno di palazzo Koch, insomma, è chiaro che è preferita una figura che garantisca una terzietà sostanziale (non solo formale) rispetto all’amministrazione pubblica. E per di più una figura come quella di Saccomanni, che proviene dalla Banca, è vista con un occhio di favore tanto da parte dei vertici quanto dalla base. Questo anche perché esiste il problema del rapporto con la politica: è chiaro infatti che un profilo che non deve la sua posizione a nessun accordo politico non deve dare conto a nessuno. E questo è preferibile sia nei modi che nei comportamenti in sede internazionale, e dà delle maggiori garanzie. Sul piano dell’operatività, poi, una voce autonoma all’interno della Bce è un conto. Al contrario, una voce che risponda in qualche modo alle simpatie di un governo – in presenza, come nel caso dell’Italia, di un debito pubblico così elevato – e che si esprimesse a favore dello stesso, darebbe a un ministro delle Finanze grande credibilità, soprattutto in un momento come questo.
La volontà di Tremonti
Questo è il motivo per il quale, con tutta probabilità, è così spinta la nomina di Grilli da parte di Tremonti. Un governatore che avesse una posizione più neutrale potrebbe agire in piena autonomia: come è noto, ad esempio, molte volte Draghi si è contrapposto in maniera anche abbastanza palese a Tremonti. Grilli è più portato proprio perché è un suo diretto interlocutore, perché potrebbe rappresentare una sponda politico-economica all’interno della Banca centrale europea. Insomma, alla base della scelta e delle preferenze non vi è il fatto che un candidato sia migliore dell’altro e nemmeno un mero calcolo di peso specifico all’interno del governo. Berlusconi, da parte sua, sostenendo la “continuità” con Draghi non vuole inimicarsi anche i vertici di Bankitalia, oltre a non voler concedere un ulteriore tassello a Tremonti con le sue rigidità.
Perché è così importante la nomina
Resta il fatto che la nomina del governatore di Bankitalia è un appuntamento determinante. Per varie ragioni: perché si va a indicare un soggetto fondamentale nel quadro interno, in quanto dentro la Bce concorre con gli altri governatori a determinare le scelte di politica economica dell’Europa. Perché questa volta ci sarà un trait d’union con il futuro dirigente della Bce, considerato che c’è Draghi al vertice: e anche se non si fanno di sicuro giochi di nazionalismo a questo livello, è chiaro che ci potrebbe essere un filo diretto. Occorre ricordare, infatti, che la Bce è un vero centro di potere data la rilevanza che ha assunto – come testimoniano le ultime vicende – l’economia sulla politica: ragion per cui un’intesa forte è tutta nell’interesse dell’Italia.
Rispetto alla crisi economica?
Il ritardo nella nomina del successore di Draghi, quindi, soprattutto sotto un attacco speculativo, è grave. Oltretutto perché l’immagine che viene rimbalzata, con questo tiro alla fune Berlusconi-Tremonti, testimonia un’indecisione di fondo che non può che nuocere all’immagine del paese. Non fosse altro perché questa querelle non viene abbinata a quali elementi di giudizio ritenuti rilevanti: anche perché, come è stato ampiamente descritto dagli analisti, da un punto di vista tecnico, tra Saccomanni e Grilli non ci sono grosse diversità. Tutti e due hanno un curriculum di grosso rilievo con un passato sia all’interno delle istituzioni nazionali, sia all’interno di centri di eccellenza all’estero.
E se avviene una nomina “esterna”?
Da giorni circolano altri nomi, oltre a quelli dei due candidati più forti (Siniscalco, Bini Smaghi). Nel caso Berlusconi dovesse decidere alla fine per un outsider – al netto di tutte le criticità che abbiamo riportato – sostanzialmente non cambierebbe nulla. Perché già con Draghi si è avuto un “esterno” alla guida di Bankitalia, con la sola differenza però che l’ultimo governatore doveva recuperare l’immagine compromessa dalla vicenda Fazio. Adesso occorre dare una risposta in termini di credibilità e di senso delle istituzioni all’Europa.