Dopo “Ostia beach” c’è “Aridatece la lira”
Andare in discoteca costa un occhio della testa, i biglietti per i concerti rock sono un bene di lusso, pizza e birra possibili solo con le offerte-menù. E allora? I giovani diventano nostalgici e (magari su consiglio dei genitori) rimpiangono la vecchia e cara lira che – a detta di chi ha quaslche anno più di loro – permetteva di fare un po’ tutto senza bisogno di dissanguarsi. E su Facebook si moltiplicano i fan delle carte da mille lire. “Aridatece la lira” è il gruppo più rustico, ma ci sono anche “Lira” con quasi 36mila iscritti, e “Come riavere la vecchia lira”, molto gettonato. «Si stava meglio quando si stava peggio». E sì, perché stringi, stringi alla fine il leit-motiv è comune a tutti: la mancanza di soldi in tasca, quella certezza di stare sempre al verde, capiti quel che capiti. Dopo “Ostia beach”, dunque, arriva un nuovo tormentone (stavolta però senza musica). «Nel portafoglio – scrive un internauta – avevo sempre qualche soldino e adesso è disperatamente vuoto». Altri arrivano a ipotizzare un referendum per far decidere il popolo: «50mila lire sembravano non finire mai, ora 50 euro volano via che è un piacere».
Il responsabile di tutto questo? Chi naviga su Internet non ha dubbi: Romano Prodi. Si è fatto infinocchiare sul valore dell’euro, fissato a 1936,27 lire. Così ha dato la possibilità ai furbi di speculare sui prezzi. Risultato: i costi si sono raddoppiati. I supporter di “Aridatece la lira” idealizzano la vecchia moneta, ne esaltano le caratteristiche e ne cantano le “gesta”: «Se potessi avere mille lire al mese» supera nella hit persino Vasco Rossi. Conti alla mano, l’utilitaria più famosa dei tempi che furono, la “Cinquecento”, costava appena cinquecentomila lire, oggi per la sua consorella ci vogliono 12mila euro. Ma c’è chi si accontenta di un esempio più terra-terra. «Mille lire – scrive un nostalgico – valevano una Coca Cola e un pacchetto di patatine, più un resto di 200 lire. Adesso le sole patatine costano un euro: e pensare che c’è chi ci vuole convincere che con la moneta unica abbiamo fatto un buon affare».