Nichi “fashion” sfida Bersani
«No, l’orecchino alla Liz Taylor no, così mi uccidete!». Ma Vendola alla fine si lascia pugnalare volentieri e si mette in favore di fotografo, con una bella ripassata di cerone e rimmel che al confronto Berlusconi sembra una bellezza acqua e sapone. Da Nicole e Nichi, dal diavolo e l’acquasanta, dalla peccatrice Minetti al verginale Vendola: il mensile patinato “Gq” ha convinto, senza insistere troppo, il governatore della Puglia a posare da fotomodello, nel numero successivo a quello dove campeggiava in prima pagina l’igienista dentale del premier, famosa per avvenenza e frequentazioni arcoriane. «Mi mettete in copertina dopo la Minetti, eh! Prima che si parlasse di lei io pensavo che l’escort fosse un’auto…», finge di ribellarsi Vendola, riciclando per l’occasione una battuta inflazionatissima ma perfetta per il pubblico rigorosamente maschile del mensile. Vendola si lascia anche filmare, nel backstage del servizio fotografico, mentre una musica zigana lo accompagna nelle pose plastiche da gran figo della politica, passerella alla quale lui dà un significato molto più alto parlando di esercizio di «comunicazione politica corporale».
Vendola nell’intervista lancia messaggi importanti e condivisibili contro l’omofobia: peccato che esordisca nella lunga intervista con quella gaffe dal sapore misogino sulla Minetti, che in fin dei conti è un politico come lui e usa la sua bellezza come fa, o spera di fare, Nichi Vendola. È un’altra gaffe, dopo quella sui “compagni” rinnegati. Sono gli effetti collaterali di quella disperata ricerca di visibilità che Vendola manifesta ormai da mesi, nel tentativo di accreditarsi per una leadership del centrosinistra dall’impronta moderata e popolare, in un contesto politico che invece lo vuole relegare nella nicchia dell’estremismo radicale. Ecco che che allora Nichi, per una volta, sveste i panni del leader operaio, che parla alla gente più umile e macina chilometri nelle piazze italiane, per provare a fare breccia nell’elettorato più sofisticato, quello che legge riviste patinate e ama ragionare di politica tra un consiglio sull’ultima vestaglia di Versace e il costumino di Armani più trendy sulle spiagge della costa azzurra.
Il look, su una rivista del genere, è importante, e Nichi lo sa. Ecco perché si dilunga in una difesa appassionata del proprio orecchino, quello scelto in onore di Garcia Lorca, quello che evoca il suo spirito più zingaresco, quello che «a un certo punto mi ha scolpito la vita». Vendola si lascia ritrarre in pose da fotomodello con camicia bianca e bretelle rosse, mentre discorre di omofobia e diversità, quella diversità che lui ha scelto di accentuare quando è sceso in politica. E qui arriva la parte più interessante dell’intervista, che lo avvicina straordinariamente all’idea di comunicazione che il suo grande nemico, Silvio Berlusconi, ha introdotto con la sua scesa in campo: il tema è quello del corpo del leader politico, un uomo etero, nel caso del Cavaliere, fin troppo, ma dal fisico ritoccato ed esibito, con l’innesto dei capelli, trucco, quando c’è da andare in tv. Un fisico mostrato quando c’è da ricordare agli elettori la propria vitalità, tra bandane, giacche doppio petto e maglioncini sportivi legati al collo. Come Berlusconi, Vendola dimostra di credere nell’importanza dell’estetica in politica, per questo non si spiega tutta quell’acredine nei confronti della bella Minetti o delle veline tanto contestate dalla sinistra. «Il corpo, la corporeità. La mia è un’idea più corporale della comunicazione politica. E non è una questione di stile, è una questione di sostanza. Io sono assolutamente segnato dalla mia diversià e questo, nella vita politica, mi consente di assumere con immediatezza il punto di vista dei più stigmatizzati». E da lì un giusto ragionamento sull’omosessualità e l’omofobia, che diventa difesa delle minoranze, islamici, ebrei, zingari, ma anche strali contro l’intolleranza, il pregiudizio. Morale della favola, la sua diversità, la sua comunicazione corporale, la sua apertura mentale sono valori aggiunti, mentre la bellezza della Minetti gli evoca il mondo delle escort.
Ma c’è spazio per l’autocritica: «Le forme più pacchiane di esibizione dell’identità etero sfilano anche nei palazzi del potere tutti i giorni dell’anno. La cultura omofoba non è solo di destra, a quella di sinistra, che rappresenta l’omosessualità come una devianza piccolo-borghese». Vendola ne ha anche con la Chiesa: «Il fatto che sia governata da una casta sacerdotale maschile impedisce un confronto più capace di accoglienza». Chi ha una vera fede religiosa “può essere gay, ma non può essere omofobo”, perché il cristianesimo – dice – è “il capovolgimento di qualunque possibilità di violare la libertà e la dignità di ogni essere umano”. Per questo, anche quando dalla «Chiesa cattolica arrivano messaggi arbitrari o violenti, noi dobbiamo evitare di replicare con stilemi da anticlericalismo ottocentesco». Per Vendola l’aspetto più fastidioso dell’omofobia è il ciclico tentativo di assimilare l’omosessualità alla pedofilia «che periodicamente produce, nei protagonisti della macchina del fango, delle autentiche scariche d’adrenalina». Poi l’intervista va sull’intimo: «Una delle cose più belle che mi siano accadute è quando, nel 2000, durante il World Gay Pride ho ricevuto una telefonata da mia madre. Aveva sentito alla radio il mio discorso e mi confidava che sia lei sia mio padre erano molto orgogliosi di me; papà aveva anche detto che forse avrebbero dovuto chiedermi scusa. Non ho mai pianto tanto in vita mia». È un leader dal volto umano. Nichi. Truccato, narcisista, egocentrico. Proprio come Berlusconi.