La costituente dei moderati (secondo i suoi protagonisti)
Per qualcuno è un modo, anzi “il” modo per andare oltre. Per qualcun altro è possibile solo se si va oltre. Per altri ancora, invece, è una scelta di continuità con il primo Berlusconi, quello del ’94. Il progetto per la costituente popolare riceve diverse interpretazioni. Epperò, un dato che le tiene insieme tutte c’è: ormai fa parte dell’orizzonte politico, più o meno vicino, dell’area vasta del centrodestra. Ieri, nel giorno in cui ha rassegnato le dimissioni da ministro della Giustizia, per diventare segretario del Pdl a tempo pieno, Angelino Alfano è tornato a parlarne nel corso della presentazione della Fondazione “Italia per l’Europa dei popoli e delle libertà”. «Il nostro obiettivo è unire i moderati italiani sotto la bandiera del Ppe», ha ribadito, dicendo anche, di nuovo, che «è una proposta aperta a tutti». Leggi: Terzo Polo. All’indomani dell’appello identico che Alfano ha lanciato l’altro ieri, a sua volta identico a quello con cui ha avviato la segreteria, ormai l’unità dei moderati appare come la mission del suo mandato. Ma è davvero possibile? O è, come dice qualcuno, necessaria? E a quali condizioni si può realizzare?
Quelle dell’Udc sono note e ieri le ha ribadite Ferdinando Adornato: «O c’è una discontinuità con Berlusconi e il berlusconismo o gli appelli sono destinati a cadere nel vuoto». Per questo il deputato centrista spiega che «fa sempre piacere che qualcuno pensi a te, ma Alfano sa bene qual è la nostra risposta». Per il fondatore di Liberal «non si può far finta che Berlusconi non ci sia e mi risulta che non solo da noi, ma anche all’interno del suo partito si chieda di dimostrare che si vuol avviare una nuova strada oltre il berlusconismo». Adornato poi aggiunge che «se si determinano segnali di discontinuità, se si riesce a fargli fare un passo indietro, è chiaro che non solo quel discorso, ma tutti i giochi si riaprono». Quando all’orizzonte temporale indicato da Alfano, che scavallerebbe il 2013, il parlamentare dell’Udc sostiene che «non possiamo reggere altri due anni: il problema è finanziario».
Punta l’attenzione, oltre che sulla situazione economica del Paese, sulla necessità di andare oltre i personalismi Giovanni Collino, che l’altro giorno era al fianco di Alfano, Adolfo Urso e Andrea Ronchi per presentare la rete di fondazioni del centrodestra che prepareranno un documento in vista del congresso del Ppe a Marsiglia. «In questo momento – rivela Collino – sono seduto dietro alla scrivania di un’azienda e so per certo che il sistema produttivo non regge più». Per questo, per l’eurodeputato, è necessario che «non si guardi più alla fazione di appartenenza, ma all’interesse del Paese». Vanno dunque lette in quest’ottica la costituente dei moderati e la rete di Fondazioni, che vi rientra come laboratorio «politico e culturale» e si muove nell’ambito del rafforzamento del bipolarismo. «Il centrodestra – chiarisce – deve trovare una sua pace, che è la condizione per evolvere e per crescere nel Ppe, che come contenuti, identità, valori è un punto di riferimento». Collino spiega di avere «una cultura di destra “antica”, che pensa allo Stato, al bene collettivo». «Non accetto – sottolinea – che qualcuno non faccia la sua parte». Poi aggiunge un elemento che gli viene dalla lunga esperienza a Bruxelles: «L’attuale crisi politica italiana è molto più visibile dall’estero, dove ci ridono dietro. Se i vertici del centrodestra se ne rendessero conto, capirebbero che indipendentemente dai torti e dalle ragioni dei singoli esiste un interesse maggiore, che ha bisogno di trovare una risposta nel medio periodo». Ma quando parla di vertici del centrodestra a chi si riferisce Collino? «A tutti quelli che hanno dato vita al centrodestra, Berlusconi, Casini, Fini, e poi lo hanno disgregato. Gli italiani, soprattutto i giovani, non hanno alcun interesse per gli scontri tra i leader, i problemi che pongono sono la condizione economica, l’occupazione, le pensioni».
La costituente popolare è «un progetto di lunga lena» per Osvaldo Napoli, che parla di idea «ambiziosa, chiamata a far di conto con le diffidenze e le piccole e grandi ambizioni dei diversi soggetti coinvolti». Per il deputato del Pdl, però, «Alfano ha il dovere di disincagliare il confronto politico dalle miserie e dalle bagattelle quotidiane» e «il fatto di aver indicato nel Terzo Polo l’interlocutore prioritario è quasi naturale». E se per il senatore Mario Mantovani la costituente rappresenta «una nuova speranza di consolidamento per il sogno lanciato da Berlusconi nel 1994», Roberto Formigoni estende il lavoro cui si mette mano oltre il recinto dei partiti: «Lavoriamo per costruire uno scenario che veda insieme tutte le forze moderate e riformiste che si riconoscono nel Ppe». E «tutte le forze», per il presidente della Lombardia, sono «tutti i partiti, ma anche i movimenti, le singole personalità della società civile o intellettuale» che si richiamano a quegli ideali.
Con Silvano Moffa si ritrova il tema del bipolarismo, che «va reso più plurale». «Il bipolarismo è nelle corde degli italiani, ma va corretto, ampliandolo e rafforzandolo. Questo – aggiunge il capogruppo di Popolo e Territorio – implica anche la capacità di affrontare una riforma elettorale, che restituisca ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti, con partiti fortemente democratizzati al proprio interno e con una capacità di ridare forza e proiezione al territorio». Questo ragionamento si inserisce in quello su una «costituente che ha bisogno di un chiaro progetto politico, che miri a riarticolare il centrodestra su basi federative, con un nuovo patto che lasci autonomia alle varie progettualità politiche e che abbia la capacità di fare sintesi, su un progetto unificante di governo». «Io credo – conclude Moffa – che la costituente debba avviare una ridefinizione e riattualizzazione del centrodestra, che ovviamente deve avere un’ispirazione europea e moderata nei contenuti, ma che sia capace di leggere i cambiamenti che si sono prodotti nel nostro Paese».
Barbara Saltamartini, poi, si dice «convinta che la casa del centrodestra sia quella che abbiamo visto negli anni passati e che riuniva tutte le forze moderate che si riconoscono nel Ppe». L’auspicio della parlamentare del Pdl è, quindi, che «il progetto vada avanti e che lasci da parte tutte le polemiche su Berlusconi, che non contenga la “pregiudiziale”, ma che ragioni su una prospettiva complessiva, che vada oltre l’attuale composizione della maggioranza». «Mi auguro che si possa arrivare davvero a una grande casa dei moderati del centrodestra», ribadisce la Saltamartini, spiegando che la “questione Berlusconi” si può superare tornando a parlare di temi concreti. «Questo governo andrà avanti, e mi auguro fino a fine legislatura, per fare le riforme che servono all’Italia. Inizieremo a promulgarle da settembre e, spero, anche con un confronto con il Terzo Polo. Se si riparte da questa base si può pensare, da qui al 2013, di mettere in piedi un progetto serio, che poi si valuterà strada facendo, anche perché lo stesso presidente Berlusconi ha detto in più occasioni che lui immagina una novità per la futura leadership».