Angelino’s Day: (ri)nascita di un partito
Bersani ironizza: «È il segretario del partito o il segretario di Berlusconi? Lo vedremo poi…». Se ha un minimo di intuito politico è chiaramente preoccupato di quello che riserva il futuro. Se Alfano realizzerà la metà dei propositi enunciati, Bersani andrà in pensione senza vedere Palazzo Chigi nemmeno da visitatore. E forse non è l’unico a essere preoccupato. Spesso le cose importanti sono quelle lette tra le righe. Qualsiasi politico attento calibra bene le parole, si mantiene sul vago sulle questioni spinose, accenna senza entrare nel merito. Il segretario del Pdl su alcuni punti è stato fin troppo chiaro e la risposta della sala – che come ha sottolineato era rappresentativa di milioni di italiani – ha sottolineato quanto le sue parole siano condivise. Non può essere passato inosservato il fatto che, da ministro di Grazia e Giustizia in carica, abbia voluto “certificare” pubblicamente di aver potuto verificare quanto vero sia che il premier è un “innocente perseguitato” dalla magistratura, ma che abbia voluto anche aggiungere che questo non significa che altri lo siano…
Alfano sa come funziona un partito e parlava a persone che – nella maggior parte – sono cresciuti a pane e politica. Soffermandosi sulle primarie ha chiarito che per lui debbono essere uno strumento e non un fine e che non consentirà a nessuno di pensare di vincerle – come accade – perché ha i soldi per comprare il consenso o le tessere. Anche qui un ovazione.
Nessuno può onestamente dire che Alfano abbia parlato come uno che ha accettato un incarico pletorico o puramente simbolico. D’altronde si è sentito con chiarezza che la platea si aspettava ben altro: l’annuncio della nascita di un partito vero, un partito con la vocazione di durare nel tempo. Un auspicio esplicitato anche da Silvio Berlusconi, che ha parlato dell’esistenza futura di un partito dei moderati del centrodestra come del suo “lascito agli italiani”. Un lascito che andrà ben oltre il suo contributo individuale e personale. Non c’era bisogno che ricordasse nel suo discorso quanto abbia pagato questo suo impegno in termini di aggressioni verbali, fisiche, giudiziarie e patrimoniali. Probabilmente l’applauso più sincero è stato in risposta alla evidente emozione che ha mostrato quando lo ha fatto. Chiunque non appartenga alla pletora di coloro che saranno soddisfatti solo quando lo avranno visto al cimitero – e sono molti – non può non riconoscere quanto gli sia costato scegliere la politica, quanto gli hanno fatto scontare quello che lui stesso ha definito “il suo impegno per la libertà”.
Forse il termine “lascito” ha evocato in modo eccessivo l’immagine di un atto conclusivo, che ha portato Alfano a rivolgersi a Berlusconi chiedendogli di non immaginare nemmeno di farsi da parte, perché abbiamo ancora bisogno di lui, «per vincere anche le prossime elezioni».
Ci sono stati commenti banali da parte degli avversari, volti a cercare di presentare la proclamazione unanime come un’investitura dall’alto piuttosto che un’elezione. Ebbene? Del fatto che Angelino fosse la persona giusta per guidare il partito si era già discusso a lungo giungendo tutti alla medesima conclusione. Scrivere il suo nome su una scheda sarebbe stata solo un’inutile rappresentazione. Erano già tutti d’accordo.
Tra un’ampollosa finzione e una semplice verità è sempre preferibile la seconda. E porta più rapidamente alla vittoria.