La gauche smarrita ora si aggrappa ai film a luci rosse
Nella Rai che le truppe cammellate della gauche dipingono come “militarizzata” dai berluscones per un Michele Santoro che (forse) se ne va c’è un Nanni Moretti che è appena arrivato. Già, domenica – dopo cinque anni dalla data d’uscita e le solite polemiche – è giunto sul piccolo schermo Il Caimano, opera che ha dato vita a uno degli appellativi che hanno fatto la fortuna degli anti-Cav di ogni latitudine. Ebbene, una prima serata su Raitre senza nessun concorrente all’orizzonte nel palinsesto che risultato ha dato? Un dodici e nove per cento senza infamia e senza lode, perché – a una lettura comparata con gli ascolti di Ritorno a Cold Mountain della stessa domenica dell’anno scorso (dove, attenzione, c’erano contro i Mondiali di calcio e in prima serata uno speciale su Padre Pio) – supera di poco la media ascolti della rete quando presenta un film in quella fascia. Ma c’è di più: perché l’opera di denuncia del regista è stata “sconfitta” (rullino i tamburi) dalla più nazionalpopolare delle trovate versione estate: la riproposizione di una fiction con Flavio Insinna che di nome fa Ho sposato uno sbirro 2. Dunque: che cosa è successo al popolo “che pensa”? Qualcuno sostiene che la pellicola sia stata trasmessa fuori tempo massimo e solo come “risarcimento” del nuovo dg Lorenza Lei dopo la gestione arbitraria di Mauro Masi. Altri sostengono invece che se in qualche modo il berlusconismo è in crisi anche il film che ne traccia la parabola alla fine non può che risentire del trend. Oppure, che la serata è andata benino perché i creatori di reality-fiction come Michele Santoro hanno superato con la propria rappresentazione – e con un utilizzo consapevole della multimedialità (basti vedere gli indici dello show di Bologna via web che è stato l’ennesima trovata del mattatore) – persino l’interpretazione noir che l’autore di Palombella rossa ha dato alla storia di Berlusconi. Oppure – molto più semplicemente – il cinema italiano “impegnato” non sa più produrre richiamo.
«Non abbiamo più nulla da dire»
Dov’è finito il cinema impegnato? D’accordo, è vero che proprio un film come Il Caimano non sarà ricordato come l’opera più significativa della produzione morettiana. Però è anche quello che ha un riscontro oggettivo con una stagione politica che in parte conferma la capacità visionaria del regista. Il punto è un altro. Forse «perché proprio questo film rappresenta l’incoronazione di Berlusconi da parte di Moretti stesso e il suo pubblico alla fine non gliel’ha perdonato». Per Anselma Dell’Oglio, giornalista esperta di cinema e dintorni, rispetto al quadro che emerge ci si può trovare l’eterogenesi dei fini. Ma c’è di più. Mentre qualche anno fa ci si interrogava prettamente sul significato politico (basti ricordare un’opera di assoluto livello come Il Divo) probabilmente «oggi la gente è satura, vuole divertirsi». E i film impegnati? «Quella stagione è finita. C’è un esempio, La nostra vita con Elio Germano: ecco, nonostante sia un buon prodotto non è andato poi così bene». Che vuol dire? «Che una certa vena si è esaurita, ci siamo ingrassati, siamo troppi comodi, non abbiamo più nulla da dare».
Eccetto il bunga bunga
La conferma di tutto ciò potrebbe arrivare proprio dall’unica “produzione” che si è presa la briga di raccontare questa stagione. L’ultimo ritrovato, nelle videoteche già da qualche mese, è Bunga Bunga Presidente. Come è facile intuire, non si tratta di un’inchiesta né di una docufiction, ma di un vero e proprio porno con tanto di Ruby (interpretata da Selenadova), Lele Mora e, ovviamente, Berlusconi (tatuato e interpretato da “Rokko”). E che dire, poi, de La Casta di qualche anno fa? Che – in pieno stile antipolitico – non è il rifacimento per il grande schermo del best-seller di Gian Antonio Stella e di Sergio Rizzo, ma anch’esso un porno che gioca con la polisemia del termine. Insomma, nella costruzione dell’immaginario di denuncia siamo passati dal realismo sovietico al fogliettone porno: tutto merito del cortocircuito tra informazione e intrattenimento si potrebbe dire. Un aspetto positivo c’è in ogni caso. Perché forse nessuno oserà – dinanzi alla climax delle perfomance hard dei nuovi “guru” anti-Cav – esclamare ciò che il ragionier Fantozzi sentenziò dinanzi all’ennesima riprosizione della Corazzata Potemkin: «Una cagata pazzesca»? No, ancora grazie…