Caso Orlandi, lunedì si saprà se è di una donna uno dei due scheletri (video)

2 Nov 2018 19:01 - di Roberto Frulli
La Nunziatura Apostolica di via Po, a Roma, dove il magistrato antiterrorismo, che si occupava delle indagini sul rapimento di Emanuela Orlandi, attese, inutilmente, la telefonata del cosiddetto "americano" con inflessione maltese

Potrebbero arrivare già lunedì i primi risultati ufficiali sugli esami condotti sulle ossa, attribuite in via ipotetica a Emanuela Orlandi, trovate all’interno della sede della Nunziatura apostolica  in via Po 27 a Roma, risultati che daranno una risposta sul sesso della persona a cui appartengono i resti rinvenuti sotto al massetto di un pavimento in ristrutturazione.

L’ipotesi formulata dalla Procura di Roma che indaga è che i resti trovati possano, appunto essere di Emanuela Orlandi, la giovane cittadina vaticana scomparsa nel 1983. In particolare si dovrebbe avere certezza sul sesso. Servirà, invece, ancora qualche giorno per l’esame del Dna e per sapere la data della morte. Secondo

L’attenzione degli inquirenti è puntata anche sul teschio trovato assieme al resto dello scheletro sotto il massetto del pavimento della dependance usata come casa del custode della Nunziatura, e in particolare, sull’arco dentale. Si cerca di capire se un molare possa essere un dente del giudizio e questo porterebbe a escludere, ovviamente, che le ossa appartengano ad un minore.

Secondo Giovanni Arcudi, direttore della Medicina Legale dell’università Tor Vergata di Roma «l’estrazione del Dna e le analisi conseguenti, come il confronto con quello della persona a cui si sospetta appartengano i resti o i familiari, non richiedono molto tempo, si possono fare in 7-10 giorni. Non sempre però – avverte Arcudi – si riesce a ricavare del materiale genetico utilizzabile, dipende sempre da come sono conservati i resti, e anche da che tipo di ossa abbiamo. Dai denti ad esempio si ricava bene, e anche dalle vertebre, ma ad esempio la conservazione in luogo asciutto o umido ha una grande influenza sulla possibilità di estrarre un Dna «pulito”».

Sono diverse le ipotesi che si rincorrono in queste ore su questi resti umani che avrebbero riportato sotto la luce il caso Orlandi. Un prelato avrebbe ricordato che proprio in quell’area dove sono state trovate le ossa vi era, un tempo, un cimitero. C’è chi dice che vi fossero sepolti gli zuavi pontifici sostenendo che scavando più a fondo si potrebbero trovare altri resti umani.

E c’è chi ricorda che in quel piccolo edificio, all’interno del parco di 2 ettari di proprietà del Vaticano, nel quale sono state ritrovate le ossa, apparentemente appartenenti a due persone diverse, una delle quali sarebbe una donna, abitava, un tempo, la moglie del custode della Nunziatura, un donna piccola di statura che aveva frequenti litigi con il marito e che, a un certo punto, scomparve dall’oggi al domani.
Infine il Fatto Quotidiano ha rispolverato una vecchia vicenda raccontata qualche tempo fa dalla pentita (fuori tempo massimo) Sabrina Minardi amante di Renatino De Pedis, non proprio il massimo dell’attendibilità, che riporta alla Banda della Magliana – e, da qui, le suggestioni e le teorizzazioni possono essere infinite – attraverso un contatto, Giuseppe Scimone che abitava in via Po, proprio di fronte a Villa Giorgina fra l’83, quando scomparve Emanuela Orlandi, e l’85.
Scimone era amico di Renatino, sostenne la Minardi che di De Pedis era l’amante. Quanto a Emanuela Orlandi, sempre la Minardi disse, a un certo punto, che sarebbe stata prelevata da De Pedis su ordine di Monsignor Marcinkus, all’epoca presidente dello Ior. Emanuela, sempre secondo la tardiva confessione della Minardi, sarebbe poi stata uccisa e gettata in una betoniera a Torvaianica. Ipotesi che non hanno mai trovato una conferma purtroppo.

Commenti

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  • Claudia 2 Novembre 2018

    Emanuela è morta in Vaticano e anche stavolta non si verrà a capo di nulla hanno nascosto tutto molto bene. Mi dispiace per la famiglia che vive un incubo lungo 35 anni, ma i signori del Vaticano sono falsi, cattivi e collusi.