Tragedia di Francavilla, Filippone non aveva problemi psichici. E il foglietto…

22 Mag 2018 10:35 - di Milena De Sanctis

Non aveva nessuna patologia, né problemi psichici Fausto Filippone. Il 49enne che domenica, dopo aver lanciato da un viadotto dell’A14 la figlia Ludovica di 10 anni, si è poi suicidato a quanto riferito dal questore di Chieti Palumbo non soffriva di nessun disagio psicologico evidente. È ancora un mistero cosa possa aver fatto scattare in lui quel raptus che forse lo ha condotto anche all’omicidio della moglie Marina Angrilli, trovata in fin di vita e poi morta in ospedale dopo essere precipitata dal balcone al secondo piano di un appartamento di famiglia a Chieti scalo. Gli investigatori non sono riusciti ancora a capire se sia stato Filippone a spingere la donna: «Dell’accaduto non ci sono testimoni», ha spiegato Palumbo.

 Fausto Filippone,  il racconto degli amici

Tra marito moglie mai una lite, a quanto riferiscono amici e vicini. «Era una famiglia perbene e tranquilla, non c’era nessun segnale che potesse far pensare ad una cosa simile. Entrambi vivevano per l’amore verso la bambina ritenuta sveglia e allegra», il commento di conoscenti e colleghi. Insomma, una famiglia sana, normale, ribadisce anche il questore, che poi riepiloga i pochi punti fermi della tragedia che si è consumata domenica: il primo intervento della volante alle 12.06, quando i vicini hanno segnalato la caduta dal balcone della Angrilli, con il 118 che ha portato la donna in ospedale per le prime cure; poi la nuova segnalazione, arrivata alle 13, di persone a piedi sulla A14, dove si è portata la polizia stradale, che, arrivando, ha visto in lontananza un signore lanciare qualcosa nel vuoto; quindi la lunga trattativa e, sette ore dopo la morte della figlia, il suicidio di Filippone, lanciatosi nel vuoto alle 19.57. Ai piedi del pilone dove si è lanciato l’uomo, gli investigatori hanno trovato un foglietto di carta, che presumono appartenere al manager, con su scritti a mano alcuni nomi e cognomi. «Un foglietto confuso», ha detto Palumbo, ora all’esame della Squadra mobile.

Parla lo psichiatra

«Ci siamo trovati di fronte a un muro insormontabile e invalicabile». Così il professore Massimo Di Giannatonio a Radio Capital parlando di Fausto Filippone. Lo psichiatra, docente di Psichiatria presso il dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Chieti, per sette ore ha cercato di convincere l’uomo a non gettarsi nel vuoto. «Ha dovuto cercare dentro di sé il coraggio per lanciarsi nel vuoto. Nella sua mente era tutto definitivamente finito», ha sottolineato lo psichiatra aggiungendo che Filippone ha parlato «del fatto che la sua vita era irreversibilmente iniziata a cambiare, in termini inaccettabili e intollerabili, 15 mesi prima. E uno degli episodi che ha contribuito a costruire un’insostenibilità della sua esistenza è stata anche la perdita della madre nei mesi precedenti».

 «Non forniva alcun tipo di risposta empatica e continuava a esprimere un giudizio morale e severo su stesso», ha continuato il mediatore aggiungendo che per il 49enne «la sua esistenza doveva terminare con un atto finale risolutore e risolutivo perché non c’era per lui possibilità né di essere perdonato né di comprendere le ragioni profonde di ciò che aveva fatto». Quanto alla bambina, «era in una condizione di choc emotivo perché evidentemente si rendeva conto della tragica drammaticità di quel momento e non aveva alcun tipo di indipendenza psicologica per difendersi dalla figura fondamentale che era quel del padre».

 

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