Pompei, fonte inesauribile: trovato lo scheletro di un bimbo in fuga dall’eruzione

25 Apr 2018 12:14 - di Redazione

Pompei si conferma, una volta di più, inesauribile fonte storica di preziosi ritrovamenti archeologici. A testimoniarlo, per l’ennesima volta, il ritrovamento dello scheletro di un bambino di 7-8 anni, chiaramente in fuga dall’eruzione, rinvenuto in un ambiente del grande complesso delle Terme Centrali negli scavi archeologici della importantissima cittadina campana.

Pompei, l’ultima scoperta: lo scheletro di un bimbo in fuga dall’eruzione

Il ritrovamento è avvenuto nel corso di un intervento di consolidamento e restauro del complesso termale già scavato nell’800 e sorprende per la collocazione inusuale del corpicino rispetto alla stratigrafia vulcanica del 79 d.C. Lo scheletro è emerso durante la pulizia di un ambiente di ingresso. Al di sotto di uno strato di circa 10 centimetri è affiorato prima il piccolo cranio e in un secondo momento le ossa, disposte in maniera raccolta, che hanno permesso di formulare le prime ipotesi circa l’età del fanciullo che, in fuga dall’eruzione, aveva trovato ricovero nelle Terme Centrali. Grazie alle indagini antropologiche sarà possibile determinare eventuali patologie. Allo scopo lo scheletro è stato rimosso e trasferito al Laboratorio di ricerche applicate del Parco Archeologico di Pompei.

Lo scheletro trovato immerso in un magma di gas e materiale vulcanico

La peculiarità del ritrovamento è che lo scheletro è immerso in un flusso piroclastico, una sorta di magma stratificato in un mix di gas e materiale vulcanico. Normalmente nella stratigrafia dell’eruzione del 79 d.C. è presente nel livello più basso il lapillo e poi la cenere che sigilla tutto. In questo caso si doveva trattare di un ambiente chiuso dove il lapillo non è riuscito ad entrare né a provocare il crollo dei tetti, mentre è penetrato direttamente il flusso piroclastico dalle finestre, nella fase finale dell’eruzione. Si tratta di ambienti già scavati tra il 1877 e il 1878. In quell’occasione lo scheletro doveva essere già stato intercettato, ma inspiegabilmente non scavato, forse perché lo strato vulcanico non permetteva la realizzazione di un calco. «Pompei è a una svolta per la ricerca archeologica, non solo per le scoperte eccezionali che regalano forti emozioni come nel caso di questo ritrovamento, ma anche perché si è consolidato un nuovo modello di approccio scientifico che affronta in maniera interdisciplinare le indagini di scavo», dichiara Massimo Osanna, direttore del Parco archeologico di Pompei.

Pompei restituisce un nuovo pezzo di storia

«Un team di professionisti specializzati quali archeologi, architetti, restauratori ma anche ingegneri, geotecnici, archeobotanici, antropologi, vulcanologi – spiega ancora Osanna – lavora stabilmente, fianco a fianco e con il supporto di risorse tecnologiche all’avanguardia, per non lasciare al caso nessun elemento scientifico, e dunque ricostruire nella maniera più accurata possibile un nuovo pezzo di storia che, attraverso gli scavi, ci viene restituito».

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