Chi ha nostalgia degli anni di piombo? Demonizzare non fa bene a nessuno

14 Dic 2017 13:52 - di Mario Bozzi Sentieri

Chi ha un minimo di dimestichezza con la Storia del nostro Paese (per avere vissuto certi periodi o per averli studiati) non può non guardare con preoccupazione alla montante campagna contro la presunta “onda nera”. L’ invito al killeraggio massmediatico (mascherato da reportage) porta infatti alla memoria tensioni già viste nel passato, premessa di un clima fatto di discriminazioni e di violenza, che ha seminato odio e morti.

E’ dallo slogan “Uccidere un fascista non è reato”, simbolo degli anni tra il 1970 ed 1980, che sono venuti i ventuno caduti della “parte sbagliata”, quella missina, uccisi dalle frange del peggiore antiparlamentarismo di sinistra. E’ per il clima d’odio innescato contro i “neofascisti”, spesso studenti liceali nati alla metà degli Anni Cinquanta, che l’Italia è stata percorsa, per il decennio Settanta, da una sanguinosa guerra civile tra giovani di destra e giovani di sinistra, con migliaia di feriti. E’ a causa del giustificazionismo antifascista,un giustificazionismo costruito intorno a un pericolo fascista inventato da certa stampa di parte e avvallato dai partiti del “compromesso storico”, che è arrivata la stagione delle discriminazioni e delle demonizzazioni insensate. Da qui gli schematismi buoni per tutte le stagioni: da una parte i “rebrobi” dall’altra i compagni, che magari sbagliavano, ma che comunque erano legittimati nelle loro azioni dalla militanza antifascista, della quale erano il braccio violento ed armato.

Ieri, quarantacinque anni fa, al fondo di tutto c’era la preoccupazione per l’avanzata elettorale del Msi, un’avanzata che faceva presagire un’ inaspettata rottura dei vecchi equilibri partitocratici. Oggi è bastato qualche punto percentuale in più alle liste di CasaPound, per fare scattare l’allarme di fronte alla lesa democrazia e al “pericolo nero”. Ciò che inquieta sono le stesse strategie comunicative (l’avanzata fascista), la stessa sproporzionata attenzione massmediatica, gli stessi meccanismi discriminatori, le già viste logiche manipolatorie.

Da qui l’invito a non cadere vittime di quella che Leonardo Sciascia rimproverava a se stesso come una viltà personale ed insieme sociologica e storica: “ … quella di non aver preso le difese di certi fascisti quando mi è sembrato che fossero accusati ingiustamente. Se fossero rampolli della sinistra da un pezzo mi sarei dato da fare per loro, avrei sottoscritto petizioni … Ma ahimè, appartengono alla destra, e allora, anche se intuisco che qualcosa non funziona, nei processi a cui sono sottoposti, non mi sento abbastanza sollecitato a indagare più a fondo”. Si smorzino allora i toni e si evitino le campagne alla ricerca del “nemico assoluto” contro cui scagliarsi, lasciando alla Magistratura – ove vengono ravvisati reati – di fare il suo mestiere.

Demonizzare una parte non fa bene a nessuno. Neppure a chi cavalcando il rancore (mascherato da “tenuta democratica” – anche qui un’immagine già vista …) spera di ricavarne un tornaconto politico. A farne le spese sarà la tenuta generale del Paese e quel minimo di rispetto dell’avversario politico che è la precondizione per qualsiasi confronto civile.

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