Del Rio, il ministro che contro il governo digiuna ma non si dimette

5 Ott 2017 11:49 - di Marzio Dalla Casta

Finora la sinistra ci aveva abituati a ministri (Diliberto) che scendevano in piazza contro il governo di cui erano membri o ad altri (Minniti) che disertavano per protesta le riunioni di Palazzo Chigi. Mai però avremmo immaginato un giorno di poter essere guidati da un ministro (Del Rio) che addirittura si cuce metaforicamente bocca e stomaco in segno di composto sdegno contro la mancata approvazione dello ius soli. Lo sciopero della fame (e della sete) è stata spesso l’extrema ratio cui ricorreva Marco Pannella per costringere il Parlamento a dargli ascolto. Ma a differenza del renziano Del Rio il vecchio leone radicale non ha mai assaporato la gioia di sentirsi maggioranza relativa nel Palazzo. Anzi, era terribilmente solo o tutt’al più attorniato da un drappello di fedelissimi che ne seguivano rotta e digiuni. E poiché la grandezza delle ambizioni che coltivava era inversamente proporzionale ai numeri di cui disponeva, l’astinenza dal cibo, per lui, più che una scelta, era uno sbocco obbligato. Perciò, chissà che direbbe ora il vecchio Marco nel ritrovarsi addirittura un ministro come proprio epigono fuori luogo e fuori tempo massimo. Scioperasse contro la pena di morte nel mondo o gli armamenti nucleari o la fame in Africa, Del Rio lo si potrebbe anche capire. Uno penserebbe che sciopera perché null’altro potrebbe fare. Ma il ministro sciopera a “staffetta”, cioè un giorno solo, per protestare contro il mancato varo di una legge – lo ius soli, appunto – che se non ha ancora visto la luce è solo perché il governo di cui fa parte e la maggioranza di cui è espressione hanno visto i sondaggi e hanno una fifa blu a portarla in Parlamento. Solo per questo, altrove, la protesta di Del Rio la definirebbero una pagliacciata. In Italia, dove è sempre carnevale, succede invece che le si dedichino intere paginate. Eppure, se solo volesse, ce l’avrebbe anche Del Rio la “bomba atomica” con cui piegare le riluttanti Camere. Un’arma che Pannella ha potuto solo sognare nell’arco della sua lunga e intensa stagione politica: la carica di ministro. Per farla scoppiare e vedere l’effetto che fa basta un solo, coerente, gesto: le dimissioni.        

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