Strage di Bologna, va in scena il solito rito della protesta contro il governo

2 Ago 2017 12:03 - di Romana Fabiani

Trentasette anni senza la verità “vera”. Trentasette anni di “fuffa”, depistaggi, retorica e dolore. Anche quest’anno Bologna ricorda la strage alla stazione del 2 agosto 1980, che costò la vita a 85 persone. Secondo un copione ormai codificato, l’Associazione dei familiari delle vittime della Strage della stazione di Bologna ha protestato contro il governo in carica. Quest’anno ha platealmente abbandonato l’aula del consiglio comunale  prima che il ministro Gian Luca Galletti potesse prendere la parola in rappresentanza di Palazzo Chigi.

Strage di Bologna, lo strappo dell’associazione

Uno strappo annunciato, un rito  che si trascina da anni e che oggi si arricchisce di fendenti contro le toghe, “colpevoli” di non aver “infierito” abbastanza contro la pista nera. «Non abbiamo niente contro Galletti – ha detto il presidente Paolo Bolognesi, già deputato Pd –  ma rappresenta un governo scorretto. Con tutto il rispetto del ministro dal punto di vista della persona, proprio perché rappresenta il governo e le sue promesse mancate, abbiamo deliberato di uscire dall’aula prima che Galletti prendesse la parola». Bolognesi ce l’ha con Matteo Renzi, che da presidente del Consiglio promulgò la direttiva per rendere pubbliche le carte sugli anni della strategia della tensione, che è rimasta lettera morta («Continuano a fare il gioco delle tre carte. Lo scorso maggio ho chiesto alla presidenza del Consiglio la lista degli iscritti alla Gladio nera. Mi è stato risposto che c’è un problema di privacy. Sembra che la verità interessi solo a noi», si sfoga).

Ora Bolognesi attacca le toghe

Ma le frecce di Bolognesi questa volta sono dirette anche agli “ex amici” giudici, che hanno chiuso il processo per strage con tre colpevoli (Francesca Mambro, Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini) lasciando una interminabile scia di dubbi sui mandanti e la cabina di regia, Che cosa c’è dietro quella maledetta esplosione che fece 85 morti e oltre 200 feriti? Il terrorismo medio-orientale, la Libia o qualche intrigo internazionale?. L’asse storico tra l’associazione familiari delle vittime e i giudici si spezza qualche mese fa con la richiesta di archiviazione dell’inchiesta sui mandanti e l’invio per competenza a Roma del filone che riguarda l’eventuale partecipazione all’attentato dell’ex Nar Gilberto Cavallini

Galletti e la retorica antifascista

Galletti nell’aula consiliare fa quello che può intonando la stanca litanìa del rispetto per il dolore con un passaggio sulla verità negata e un pizzico di antifascismo. «Lo Stato ha ancora un debito da onorare nei confronti di chi ha chiesto la verità, questo non può esimerci a porre rimedio alle questioni ancora aperte», ha detto il ministro, «è una ferita ancora visibile, noi bolognesi la portiamo dentro di noi, è impossibile dimenticarla o nasconderla. La giustizia è andata avanti ed è arrivata a delle conclusioni, sono state le mani dei neofascisti a eseguire materialmente la strage, ma lo Stato ha ancora un debito da onorare nei confronti di chi chiede la verità». 

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