Renzi: «Il mio libro l’ho scritto io». “Avanti”, e chi lo ama lo segua…

10 Lug 2017 17:11 - di Gloria Sabatini

Un libro di memorie è un evergreen. Chi non ha pubblicato un’agile autobiografia a fine carriera? Un diario politico tra una pausa e l’altra in attesa di tornare in campo? Matteo Renzi non è da meno di Veltroni e D’Alema e dà alle stampe per la Feltrinelli la sua fatica editoriale dal titolo Avanti. Che con il foglio socialista fondato da Mussolini, va da sé, non c’entra nulla.

Renzi:«Il mio libro l’ho scritto io»

«L’ho scritto io, questo libro. Può sembrare un’aggravante, forse lo è. Ecco perché ci ho messo così tanto…». L’ex premier mette le mani avanti. Nessun ghostwriter, Matteo ha fatto tutto da solo. «Lo ribadisco – scrive nella consueta e-news settimanale del lunedì – non è un’operazione commerciale per far discutere la gente nella stagione delle prossime Feste dell’Unità. È un modo per mettersi a nudo davanti alla propria gente». Una velata polemica con i suoi predecessori, tanto per non perdere il vizio.

L’Italia non si ferma… 

Sottotitolo  l’Italia non si ferma. Proprio così, anche se “il premier dei miracoli” ha dovuto mollare la poltrona di Palazzo Chigi, tutto è ancora in piedi. «Quando qualcosa finisce ti viene spontaneo pensare al primo e all’ultimo momento. Mentre a Palazzo Chigi attendiamo l’arrivo di Gentiloni, che ha appena giurato al Quirinale, faccio l’ultima telefonata dall’ufficio: è ad Agnese, per chiederle se mi lascia le chiavi di casa nel solito vaso di fiori, come facevamo sempre…», è uno dei passaggi più strappalacrime del libro, anticipato dalla casa editrice. «E allora ripenso alla prima telefonata, la prima telefonata in assoluto fatta nel momento in cui mi sono seduto dietro la scrivania di capo del governo…». Quella fatta «a due cittadini pugliesi, bloccati in modo illegittimo in India da anni e al centro di un affaire internazionale molto difficile da risolvere». E giù ricostruzioni autocelebrative e attacchi ad alzo zero al governo Monti. «Tutto sommato se io sono ancora in cammino è perché ho incontrato gente che mi ha dato una scossa e mi ha detto, con il voto democratico di qualche milione di italiani, “Torna al tuo posto e lavora”». Un impegno, una minaccia? 

Il fuoco amico dei compagni

Dai marò al fuoco amico dei compagni, dalla scissione del Pd ai vertici europei, dove Matteo “avrebbe” mostrato i muscoli, dagli errori in Libia nel 2011 all’immigrazione. Terreno minato, quello dell’invasione dei clandestini e dell’accoglienza senza se e senza ma, utile però per occhieggiare all’elettorato di centrodestra. Dopo la Caporetto delle amministrative, il leader del Pd è a corto di frecce. Così, con quell’incauta frase “aiutiamoli a casa loro, non possiamo accoglierli tutti”, che ha scatenato la rete, si è messo a scimmiottare, non tanto Meloni e Salvini, ma il Msi degli anni ’80, guidato dall’eretico Rauti, che aveva previsto tutto quanto. Ma questa è un’altra storia,

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