Così gli africani cacciarono gli europei per consegnarsi ai nuovi dittatori

27 Lug 2017 15:18 - di Giancarlo Cremonini

Non vi è dubbio alcuno che, tra tutti i continenti del pianeta, l’Africa sia quello più sfortunato e disastrato. Infatti, mentre le nazioni asiatiche sono state capaci di liberarsi dal sottosviluppo e dalle dittature diventando, come la Corea del Sud, potenza regionali di notevole peso, i Paesi africani continuano a essere gli ultimi del mondo in fatto di Pil, di rispetto dei diritti umani, di mortalità infantile, di controllo delle nascite e di politiche sanitarie, sociali e ambientali. Non si esagera affermando che oggi il peso politico ed economico dell’Africa sulla scena mondiale è pari a zero e che grande parte dei Paesi di quel continente sopravvivono grazie agli aiuti e alle elemosina elargiti dalla comunità internazionale. Negli anni Sessanta la colpa dei sventure africane veniva puntualmente attribuita alla eredità del colonialismo che, a detta dei “soloni” della sinistra, aveva sfruttato in modo selvaggio quei paesi lasciandoli in una situazione socio-economica disperata. Ora, però, a distanza di sessanta anni tale alibi diventa difficile da accettare anche perché non spiega come sia possibile che, invece, i Paesi ex coloniali dell’Asia come il Vietnam, la Corea del Sud, la Malesia e la Singapore, tanto per fare degli esempi, si siano ripresi alla grande diventando moderni ed efficienti. La verità, che la sinistra non vuole ammettere, per motivi ideologici, che le élites africane che hanno rimpiazzato i governi coloniali hanno dimostrato, alla prova dei fatti, di essere infinitamente più corrotte, più inefficienti, più rapaci e più sanguinarie di quelli coloniali. Paesi come l’Uganda, che sotto il dominio coloniale inglese erano delle piccole Svizzere africane, sono stati letteralmente depredati da dittatori psicopatici come Idi Amin Dada che ha perpetrato un autentico genocidio ai danni del suo popolo. E che dire del dittatore cannibale Centrafricano Jean-Bedel Bokassa che spese somme immense per farsi incoronare imperatore in una cerimonia in stile napoleonico mentre ll suo popolo moriva di fame? Per non parlare di Siad Barre in Somalia e di decine di altri dittatorelli piccoli e grandi sparsi per tutto il continente africano.

Nessun Paese africano ha migliorato la sua situazione

Oggi, a parte il Sudafrica e l’Angola, non vi è un solo Paese africano che viva una situazione normale di sviluppo economico. In Congo imperversa una guerra civile infinita e lo stesso avviene in Sudan mentre altri Paesi sono devastati da epidemie terribili come l’Ebola dovute a usi barbari quali quello di mangiare le scimmie che trasmettono il contagio. Per non parlare di nazioni come la Sierra Leone e la Liberia dove la speranza di vita è ferma a 45 anni. Questo è il fallimento della decolonizzazione selvaggia voluta sia dalla sinistra che da una America ideologicamente schierata a priori a favore di chi chiedeva l’indipendenza. In fondo la decolonizzazione ha avuto lo stesso esito delle primavere arabe: il fallimento totale. E a fronte della situazione drammatica in cui versano i Paesi ex coloniali abbiamo la rosea situazione in cui si trovano quei poche territori che all’epoca, molto saggiamente, decisero di non chiedere l’indipendenza ma di rimanere legati,più o meno fortemente, alla ex potenza coloniale. Abbiamo, cosi, i Territoires d’Outre mere e i Départments d’Autre Mere francesi come la Nuova Caledonia, Tahiti, Bora Bora, Mayotte la Martinica, la Guadalupe, la Reunion, la Guyana francese, San Pierre e Miquelon dove i gli indigeni sono cittadini francesi a tutti gli effetti e godono di un elevato tenore di vita. Abbiamo i possedimenti inglesi come le Isole Vergini, Le Bermuda le Bahamas, le Isole Cayman, Monteserrat, Turks and Caicos dove il tenore di vita è anche più alto della madre patria. Possiamo ben dire, quindi, che, all’epoca, ottenere l’indipendenza dalle colonia non fu un grande affare per le nazioni coloniali che cacciarono via gli amministratori europei per consegnarsi mani e piedi a nuovi padroni indigeni infinitamente peggiori che a tutto pensavano meno che al bene del loro Paese, La tragedia è che oggi siamo noi a pagare per questi errori perché gli africani, paradossalmente, dopo aver combattuto sanguinose guerre di indipendenza per cacciare noi europei, ora rischiano la vita pur di venire in Europa. Tragica metafora, questa, del totale fallimento della decolonizzazione.

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