Contrada: ho fatto 10 anni di carcere da innocente, mi hanno rubato la vita

7 Lug 2017 19:05 - di Paolo Lami

Ha fatto 10 anni di carcere da innocente. E ora, a 86 anni e dopo 25 anni di inferno giudiziario, ha parole durissime per i suoi persecutori: «Hanno devastato gli ultimi 25 anni di vita dopo 40 anni di onorato servizio. Ma la dignità non me l’hanno mai tolta». Bruno Contrada, è ancora emozionato per la decisione presa dalla Corte di Cassazione che nella tarda serata di ieri ha revocato la condanna della Corte di appello di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa. Una decisione che è uno sberleffo alla Giustizia perché arriva quando oramai Contrada, a 86 anni suonati, ha appena finito di scontare la sua pena tra carcere militare e domiciliari.

«Per 25 anni la mia vita è stata devastata e adesso arriva la sentenza della Cassazione che conferma quanto dico dal 1992: sono un uomo innocente. Una giustizia un po’ tardiva – dice con amara ironia – visto che nel frattempo ho scontato una pena a dieci anni di carcere…».

La sua vicenda giudiziaria e umana è il più classico degli esempi di cosa non dovrebbe essere la Giustizia e, invece, di cosa è, in Italia oggi. Un tritacarne che ti toglie l’esistenza, che ti ruba la vita e non te la restituisce più. E questo solo perché qualche magistrato si è impuntato sul teorema.

«La verità? – dice Contrada- Ero mentalmente predisposto ad avere l’ennesima delusione. Non ero psicologicamente preparato alla revoca della condanna. Dopo 25 anni di delusioni e amarezza non credevo più di avere giustizia». Invece l’annullamento senza rinvio della Corte di Cassazione ha spiazzato Contrada.

«E’ vero – confessa – sono stato preso alla sprovvista. Ci vorrebbe uno psicologo per spiegare il mio stato d’animo, è un groviglio di sentimenti». E aggiunge: «La Cassazione ha annullato senza rinvio la mia condanna a dieci anni che era stata emessa dalla Corte d’Appello nel 2006, quindi non sono più colpevole… ma io lo dico da 25 anni che sono innocente».

«Per 25 anni si è giocato con la vita di un uomo – aggiunge con amarezza Contrada rincarando la dose – evidentemente ha giocato un ruolo anche la decisione della Corte Europea per i diritti dell’uomo», arrivata un anno fa e secondo la quale Contrada non andava condannato.

Ma c’è una beffa in più: lo Stato italiano ha dovuto versare all’ex-agente del Sisde solo 10mila euro per danni morali e 2.500 di spese legali. Secondo i giudici, all’epoca dei fatti e, cioè, dal 1979 al 1988, il concorso esterno in associazione mafiosa non «era sufficientemente chiaro». Un reato, va detto, che nel codice penale non esiste. Fu introdotto, come “combinato disposto”, dalla magistratura – ma non dal Parlamento che non è mai riuscito a legiferare in merito – unendo l’articolo 416 bis, cioè l’associazione mafiosa, e l’articolo 110, cioè il concorso. Insomma la magistratura si è inventata da sola il reato. E da sola lo applica. Un’aberrazione della democrazia che solo in Italia si può immaginare, laddove un magistrato, facendosi rivoluzionario, pronunciò la famosa frase: «resistere, resistere, resistere». Con buona pace, appunto delle regole della democrazia.

«Quindi adesso sono non colpevole sia per l’Europa che per l’Italia – riflette amaro Bruno Contrada – E, nel frattempo, ho fatto dieci anni di carcere. Come può sentirsi un uomo di quasi 86 anni in uno Stato del genere?… Gli altri hanno provato a togliermi l’onore ma senza riuscirci».

La moglie Adriana che gli è sempre stata vicina e molto malata ma è contenta per la decisione della Cassazione. Per Contrada quella della Cassazione è «una sentenza storica al di là della mia persona». Non sa ancora se parteciperà alla conferenza stampa di oggi pomeriggio annunciata dal suo legale, l’avvocato Stefano Giordano: «sono molto molto stanco – ammette – non credo di farcela».

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