Guardiani della Galassia 2: il regista Gunn vira sulla comicità e supera se stesso

2 Mag 2017 13:31 - di Francesco Fratta

Nel 2014 la Disney decide di affidare il suo film sui Guardiani della Galassia a James Gunn, un regista proveniente dalla Troma, casa di produzione americana indipendente specializzata in film con alto tasso di splatter e nudità, totalmente fuori dai canoni disneyani. Il film uscì e nonostante il potenziale più basso rispetto alle altre produzioni Marvel (praticamente nessuno ricordava o conosceva questi personaggi ), stupì tutti e divenne il maggiore incasso dei Marvel Studios dopo i vari Avengers.

Lo stile irriverente e ipercinetico del regista rese I Guardiani della Galassia  innovativo e originale, e la scelta degli studios si rivelò azzeccata. Tutte le scelte stilistiche del primo film ritornano raddoppiate in questo secondo capitolo. I nostri eroi sono un gruppo di ex criminali e mercenari ormai riscattati che lavorano per la sicurezza della galassia. I vari Star-Lord, l’umano portato via dalla Terra, Gamora, Rocket, procione che parla e spara, Drax e Groot, albero vivente in versione baby, nonostante il loro ruolo se ne infischiano di regole e doveri guadagnandosi l’antipatia di figure politiche importanti, mentre sono alle prese con Ego, divinità galattica interpretata da un grande Kurt Russell, che afferma di essere il misterioso padre di Star-Lord, rimando al mito di Zeus.

Rispetto al precedente film, molto legato all’universo cinematografico Marvel/Disney, Gunn ha totale carta bianca ed insiste particolarmente sull’aspetto comico, già presente nel primo film e distaccato dal tipico umorismo un po’ infantile teso a stemperare la tensione del cinecomic Marvel, che qui prevale sulla trama e sull’azione. Le battute sono ancora più spinte e meno adatte a un pubblico di giovanissimi, senza però scendere nel demenziale e perfettamente contestualizzate.

Infatti il predominio della comicità risulta soprattutto dalla messinscena del regista, incentrata sulla ridicolizzazione degli aspetti chiave tipici dei blockbuster e dei cinecomic, focalizzando l’attenzione su situazioni esilaranti e grottesche che in teoria dovrebbero essere di contorno. James Gunn quindi punta a dissacrare e decostruire i blockbuster/cinecomic che ormai imperversano nella produzione cinematografica americana, anche subendo pesanti critiche nel tempo da autori celebri come Cronenberg e Inarritu, anche con l’eliminazione di ogni riferimento ai precedenti o successivi film.

Ritornano inoltre i continui riferimenti alla cultura pop degli anni 70’/80’, periodo in cui il regista è nato e cresciuto, sia con varie citazioni, sia attraverso una colonna sonora che raccoglie brani storici, anche precedenti, passando da Sam Cooke a Cat Stevens, il tutto accompagnato dal simpatico cameo di Sylvester Stallone. I personaggi principali, le loro emozioni e il rapporto di gruppo sono il vero fulcro del film. Tra questi i più divertenti sono Drax, interpretato dall’ex wrestler Dave Bautista, e il piccolo Groot, il tipico personaggio dolce e carino, che nonostante il rischio non oscura il resto, con cui il regista gioca di più. In loro si riflettono l’anarchia e la sfrontatezza di James Gunn, elementi presenti anche in autori come John Landis e Kevin Smith, con i loro “ Blues Brothers ” e “ Clerks ”. Gunn infine attraverso un’ottima tecnica cinematografica realizza un film divertentissimo, superiore al primo e unico nel suo genere, riuscendo anche ad emozionare con quello che può essere definito un blockbuster d’autore.

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