“Cappato in galera!” Al tribunale di Milano uno striscione contro il radicale

10 Mag 2017 14:52 - di Redazione

“Suicidio assistito uguale omicidio. Cappato in galera”.  Parole inequivocabili quelle che campeggiano su uno striscione comparso (e poi rimosso) a Milano davanti al tribunale per protestare contro e la richiesta di archiviazione fatta dalla procura (che ha avviato un’inchiesta sulla morte in Svizzera per suicidio assistito di Fabiano Antoniani, conosciuto come dj Fabo)  per il fascicolo aperto nei confronti dell’esponente radicale, Marco Cappato, per il reato di aiuto al suicidio  La scritta apparsa fuori dal palazzo di giustizia è stata fotografata da due avvocati, Alessandro Giungi e Mirko Mazzali, che  hanno deciso di denunciare l’episodio su Facebook. “Al di là dello strafalcione giuridico – hanno scritto –  speriamo che lo striscione venga tolto prima o poi, meglio prima che poi”.  Lo striscione, che è stato appeso lungo corso di Porta Vittoria, non era firmato da alcuna sigla ed è stato poi rimosso. “In galera – ha commentato Cappato – troverei tante persone che preferisco a loro. Questione di gusti naturalmente”.

Lo striscione contro  Cappato

Cappato, radicale doc e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni,  a febbraio aveva “accompagnato” al suicidio assistito  Dj Fabo , Fabiano Antoniani, il 40enne milanese cieco e tetraplegico dal 2014 a causa di un incidente stradale, che ha scelto di morire in una clinica svizzera, protestando contro la mancanza di una legge sul fine vita in Italia. Tornato in Italia Cappato ha deciso di autodenunciarsi.  Solo pochi giorni fa la procura di Milano ha depositato la richiesta di archiviazione al gip per il fascicolo aperto nei suoi confronti per il reato di “aiuto al suicidio”.  Sulla richiesta di archiviazione dovrà decidere nelle prossime settimane il gip Luigi Gargiulo. Per i pm, come hanno scritto nell’istanza, “il principio della dignità umana impone l’attribuzione a Fabiano Antoniani, e in conseguenza a tutti gli individui che si trovano nelle medesime condizioni, di un vero e proprio diritto al suicidio”.

 

 

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