Parla la mamma della ragazza trovata nel trolley: «Così l’ho vista morire…»

6 Apr 2017 14:03 - di Monica Pucci

Il dolore della mamma in un racconto straziante sulla morte di sua figlia, Katerina Latkionova, 27 anni, la giovane anoressica trovata cadavere in un trolley: la mamma, che aveva gettato in mare il suo corpo, ripescato a Rimini, affiorato tra le barche del porto, il 25 marzo scorso, ora parla attraverso i suoi avvocati. «Una vicenda di disperazione», racconta il legale della donna, 48 anni, ora in Russia, nella sua cittadina d’origine.

A breve la signora sbarcherà all’aeroporto di Bologna dove verrà prelevata dalla polizia e portata direttamente davanti al procuratore Davide Ercolani che segue l’indagine. Non è stata emessa, però, alcuna misura cautelare nei suoi confronti. La donna potrebbe essere chiamata a rispondere di occultamento, distruzione (quantomeno tentata) di cadavere e omissione di soccorso per non aver avvertito nessuna struttura sanitaria del fatto che la figlia fosse in punto di morte o fosse appena deceduta. «Oggi sapremo la data e l’ora certo del rientro della mia assistita – spiega l’avvocato Scarpa – lei vuole ritornare e chiarire. E’ una persona che ha avuto dei momenti tremendi. Dietro ciò che è accaduto c’è una vicenda umana di disperazione e dolore enormi». «L’ho vista morire ogni giorno, poco alla volta, senza poter fare niente», ha detto al suo avvocato la donna, raccontando la tremenda vicenda della figlia.

Una vita sul filo della povertà e dell’anoressia
finita in un trolley gettato in mare

Scarpa ricostruisce la vicenda della donna, da sempre in lotta per un’esistenza migliore e senza nessun aiuto. Era venuta in Italia per cercare lavoro e faceva la badante in una famiglia di Rimini. Durante una visita alla figlia in Russia l’aveva trovata improvvisamente dimagrita di 15 chili, un problema mai manifestatosi prima. La figlia, all’inizio, aveva tentato di mascherare di soffrire di anoressia ma la madre, preoccupata, l’aveva convinta a venire in Italia per averla vicino e aiutarla. Purtroppo la 27enne continuava a non mangiare ed è stata ricoverata più di una volta ma, dopo poco tempo, veniva dimessa e, una volta a casa, tutto rincominciava da capo. A Rimini da un anno e mezzo, era uscita di casa sì e no cinque volte, racconta chi conosce la famiglia. È rimasta a combattere la sua malattia chiusa in una stanza dell’appartamento in centro che divideva con la mamma, rifiutando ogni aiuto. La madre era completamente da sola nell’affrontare il problema perché il padre della ragazza, un uomo con problemi di alcolismo, era scomparso nel nulla tanti anni.  «La ragazza era affetta da un’anoressia terribile – spiega l’avvocato Scarpa che racconta quello che ha appreso dalla donna – e la madre non è riuscita d aiutarla per la sua determinazione a farsi del male e perché non aveva abbastanza mezzi economici per farla ricoverare in una struttura privata. Questo l’ha fatta disperare e impazzire». «In più – prosegue a raccontare l’avvocato -, in quei giorni è morta anche la madre della donna, contemporaneamente a sua figlia, e questo ha compromesso momentaneamente la sua salute psichica. Ha vegliato per una settimana la figlia senza sapere cosa fare e a chi rivolgersi, choccata e impietrita, non si è risolta a prendere la soluzione più ovvia: chiamare soccorsi, aiuto. Non so se è stata suggestionata da qualcuno nel prendere questa decisione». «I magistrati attendono molte spiegazioni e noi le daremo – promette il legale – ma più che un brutto reato è stato un momento terribile di blackout e disperazione assoluta che l’ha portata a una scelta che certo non si può condividere, una scelta assolutamente irrazionale. Penso sia scattata un meccanismo di difesa della mente che le ha fatto allontanare e rimuovere ciò che era successo. Non è una persona cattiva e si è sempre presa le sue responsabilità; è una donna stimatissima che ha sempre lavorato».

La mamma è molto provata
ma ora deve difendersi dalle accuse

«La signora – conclude l’avvocato – è molto provata e non so in che condizioni la troverò quando arriverà e se sarà in grado di affrontare l’interrogatorio della Procura consapevolmente». Intanto la polizia e la Procura di Rimini sono al lavoro per chiarire se ci sia stato il coinvolgimento o meno di altre persone nella vicenda e sono in corso interrogatori della polizia di Rimini per ricostruire la storia medica e individuare le strutture sanitarie che hanno assistito la ragazza colpita da anoressia. Quando arrivò in Italia per la seconda volta, nel luglio 2015, fu ricoverata per dieci giorni in ospedale e le furono riscontrati i sintomi della malattia. Una volta dimessa, le fu consigliata di andare al Simap, dove vengono seguite anche le malattie di origine psichiatrica, ma non ci è ma andata. Sembra che sia rivolta a un clinica privata di Riccione, venendo poi seguita da un primo medico di base – una donna che la polizia sta tuttora cercando – poi ad un altro medico di base, che ha però riferito di non averla mai vista. Il corpo della ragazza, dopo l’identificazione, è a disposizione dell’ambasciata russa che deciderà su un eventuale rimpatrio.

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