Il declino dell’Europa, che ha rinunciato a tutti i suoi simboli e valori

9 Feb 2017 8:27 - di Redazione
Troppo spesso accadono in Europa cose che fanno pensare a un’inspiegabile volontà di suicidio, U cui significato sembra essere solo un cupo desiderio di autoannientamento. Ho in mente – scrive Ernesto Galli della Loggia su “il Corriere della Sera” – ad esempio due episodi recenti, debitamente riportati dai giornali (uno anche dal Corriere e abbastanza diffusamente), ma passati sostanzialmente inosservati. Quasi si trattasse di due insignificanti fatterelli di cronaca. Il primo episodio riguarda il Real Madrid, la celebre squadra di calcio spagnola. I cui dirigenti, abbiamo letto, volendo stipulare un contratto con una società degli Emirati per la commercializzazione in quell’area di prodotti con il marchio della propria squadra (incasso previsto 50 milioni di euro), ma consapevoli d’altra parte, così hanno detto, che «ci sono alcuni luoghi sensibili ai prodotti che mostrano la croce», non hanno trovato di meglio che togliere la croce dalla corona che fino a ieri campeggiava sul simbolo storico della loro società.
 
Il caso del simbolo del Real Madrid
 
Il secondo episodio è avvenuto invece a Parigi. Qui, all’inizio di febbraio, nella prestigiosissima sede del centro di ricerca di Sciences Politiques è stata annullata all’ultimo momento la conferenza che doveva tenere David Satter, un ex corrispondente m Russia del Financia¡ Times, sull’argomento del suo ultimo libro: il cui titolo. Meno sai e meglio stai: la via russa al terrore e alla dittatura sotto Eltsin e Putin, non sembra richiedere molte delucidazioni. Motivo accampato dalla direzione (smentito però da un gran numero di esempi passati): la mancanza di un contraddittorio ufficialmente previsto. Nel primo caso, dunque, il potere del denaro, nel secondo il potere e basta (con l’uso spregiudicatamente intimidatorio che è abituato a fame il Cremlino). Nel primo caso l’avidità, nel secondo la paura. Da una parte tutto questo e dall’altra due istituzioni assai diverse tra loro — un club di calcio e un’università, la massa e l’elite — ma proprio perché così diverse rappresentative dell’insieme cui entrambe in realtà appartengono. L’insieme di vicende, di storie, di tradizioni, di eccellenze, di valori, anche di realtà nazionali, che som mate e intrecciate tra loro hanno fatto nel tempo l’Europa quella che è.
 
L’Europa appare vecchia e stanca
 
O forse bisognerebbe dire l’Europa che è stata. Quell’Europa cioè che era animata dalla consapevolezza della propria assoluta peculiarità non disgiunta da un sentimento di orgoglio per i traguardi straordinari — in tutti i campi: dalla scienza al benessere materiale all’emancipazione delle persone — che quella peculiarità era stata capace di raggiungere. È vero: anche a prezzo di ingiustizie e dolori non solo al proprio interno ma specialmente inflitti ad altri popoli. Ma che cosa mai è stato costruito di durevole nel corso dei millenni da qualunque altra civiltà, da qualunque altra grande costruzione politicoculturale, che potesse dirsi immune dalla medesima obiezione? Salvo prova contraria, però, solo quella che ha visto la luce in questa parte del mondo è riuscita a conseguire risultati di progresso e di libertà potenzialmente fruibili da tutti, e infatti prima o poi da tutti emulati, perseguiti, imitati. Cancellare la croce (e poi per cosa? per mettere le mani su 50 milioni di euro!), impedire la libertà di parola per non dispiacere al vendicativo padrone della Russia, significa precisamente rinunciare all’intera vicenda che ha portato ai non spregevoli risultati di cui sopra.

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