C’è aria di restaurazione, A.A.A. Terza Repubblica offresi

16 Gen 2017 12:38 - di Mario Bozzi Sentieri

Messo da parte Matteo Renzi, silenziata la Ministra delle Riforme (fallite) Maria Elena Boschi, reso innocuo Angelino Alfano, il governo Gentiloni, a un mese dal suo insediamento, mostra di essere, a tutti gli effetti, il governo della Restaurazione. Lo è per i tratti del presidente del Consiglio, per volontà del Quirinale, per il contesto politico.

Gentiloni, l’anima democristiana del Pd

Andiamo con ordine. Paolo Gentiloni, un over sessanta, in contro tendenza rispetto all’ostentato giovanilismo del suo predecessore, rappresenta caratterialmente e politicamente l’anima democristiana del Pd, confermando, nei fatti, di essere uomo di mediazione, come nella migliore tradizione scudocrociata. Toni felpati, tratti rassicuranti, Gentiloni ricuce con i sindaci ed i governatori delle regioni, con cui Renzi aveva rotto. Si preannunciano tavoli istituzionali con il sindaco di Napoli Luigi de Magistris (sulla bonifica di Bagnoli), con la Puglia di Michele Emiliano (a cui sono stati promessi i 50 milioni per Taranto, negati dalla finanziaria renziana) e con il Presidente della Sicilia Rosario Crocetta. Sul versante sociale, il confronto con i sindacati sulle pensioni, così come previsto a settembre, sarà un ottimo viatico – parole di Gentiloni – per realizzare nuovi accordi sia sulle norme attuative dell’Ape, l’anticipo pensionistico, sia sulla riforma del jobs act che dei voucher. La parola d’ordine? Mediare, mediare, mediare.

La strategia del Quirinale

A sostenere l’azione del nuovo governo c’è poi il Quirinale, con al vertice un democristiano doc, espressione organica della Prima Repubblica, come Sergio Mattarella. “Il governo – ha dichiarato il Presidente della Repubblica, alla vigilia di Natale – ha il compito di farsi carico dei tanti problemi presenti, oggi, nella vita dell’Italia. Dall’avvio della ricostruzione dei colpiti dal terremoto alla condizione economica del paese e, nel suo ambito, al ruolo dei nostri operatori nei mercati, dalla sicurezza del risparmio affidato al sistema bancario, all’occupazione, dalla gestione del complessi fenomeno migratorio ai rilevanti impegni internazionali di fronte all’Italia”. Come dire: lasciate lavorare Gentiloni, costretto a fare i conti con i disastri dello tsunami-Renzi, e dimenticatevi ogni ipotesi di scadenza ravvicinata del governo.

Renzi e Berlusconi

E veniamo al “contesto”. Sul plateau de fromages della Restaurazione italiana, due pezzi essenziali sono oggi rappresentati da Matteo Renzi e da Silvio Berlusconi. I due amici-nemici confermano, a mezzo stampa, attesa la naturale scadenza della legislatura, di essere pronti all’inciucio post-elettorale (se e quando si voterà …) nel nome della stabilità nazionale e del paventato rischio grillino. Viatico dell’abbraccio Forza Italia-Partito Democratico la legge elettorale proporzionalista, data per scontata una volta preso atto dell’imminente sentenza della Corte Costituzionale. Mentre l’ex rottamatore Renzi indossa i panni del “grande padre”, impegnato a fare un po’ di autocritica e a ricomporre il suo partito, Berlusconi, abbandonata la corazza del paladino dell’antisinistra, è pronto all’abbraccio con l’ex avversario, nel nome della grosse koalition, benedetta dal Quirinale, dall’Europa e dai soliti “poteri forti”.

Terza Repubblica e voto popolare

Il quadro è perfetto, mentre l’inciucio, antigrillino e antipopulista, fa presagire una Terza Repubblica, con le radici ben salde, per uomini e cultura politica, nella Prima. Insomma vent’anni passati invano, per ritrovarsi – come nel gioco dell’oca – di nuovo al punto di partenza, immersi nella palude dei compromessi, dell’immobilismo, del doppiogiochismo. Scontata – a questo punto – la domanda: il popolo italiano che farà ? E le forze del “sovranismo” (di destra e di sinistra) come si muoveranno ? E se tra il polo degli “omologati” (Forza Italia + Pd) e quello del Movimento 5 Stelle nascesse una quarta opzione? Lo spazio – per numeri e contenuti – c’è tutto. Ora è il momento di misurare le volontà e le classi dirigenti all’altezza della sfida. I tempi stringono.

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