Quel telegramma di Filippo Anfuso: «Duce, con Voi sino alla morte…»

13 Dic 2016 15:44 - di Antonio Pannullo

Oggi ricorre l’anniversario della morte di Filippo Anfuso, classe 1901, protagonista durante il fascismo e deputato missino per tre legislature. Il ricordo della figura di Anfuso, scrittore, diplomatico, saggista, è tanto più importante in concomitanza con la mostra sulla storia del Movimento Sociale Italiano in corso presso la sede della Fondazione Alleanza Nazionale in via della Scrofa a Roma. Nel ricordare Anfuso, però, partiamo dalla fine: come ha raccontato Franco Servello nel suo libro 60 anni in Fiamma, alla Camera, il 13 dicembre 1963, Filippo Anfuso si sentì male mentre esponeva le ragioni dell’opposizione missina, e fu proprio Servello che lo sostenne mentre quel grande galantuomo si scusava col presidente Moro per non essere in grado di completare l’intervento. Servello e il democristiano Altiero Spinelli, lo invitarono a stendersi, ma Anfuso rifiutò dicendo “non facciamo scene in questo luogo” e, sorretto da Servello, si fece accompagnare fuori dall’emiciclo dove morì. Era di questa tempra che erano fatti i missini.

Nel 2002 Catania ha dedicato ad Anfuso una strada

Filippo Anfuso era nato a Catania, dove nel 2002 gli fu dedicata una strada, e fin da giovanissimo manifestò attitudini letterarie. Iniziò infatto la sua carriera come giornalista, diventando corrispondente di quotidiani come la Nazione e la Stampa. Fu anche corrispondente dell’Idea nazionale da Fiume nel corso dell’impresa di Gabriele D’Annunzio. Studiò Giurisprudenza insieme con Galeazzo Ciano, di cui divenne amico per la vita, partecipando con lui al concorso per la carriere dilpomatica. Su 35 posti, Anfuso arrivò primo, e Ciano 27°. Questo per dire che la carriera di Anfuso non fu quella di un raccomandato amico del ministro degli Esteri, ma quella di un diplomatico dalla solida preparazione. Come addetto d’ambasciata, svolse le sue funzioni a Monaco, Budapest, Berlino, e poi come primo segretario in Cina e Grecia. Nel 1937 Ciano lo volle come suo capo di gabinetto a Roma. Ma l’anno precedente aveva fatto in tempo a partire volontario per la guerra di Spagna, dove si meritò una Croce di Guerra. In questi anni accompagnò Ciano e Mussolini in incontri con Adolf Hitler in Germania per mettere le basi dell’alleanza. Non fu tuttavia un germanofilo, e appoggiò la posizione di Ciano che non voleva entrare in guerra con Hitler. Quando Mussolini decise di farlo, Anfuso si dichiarò contrario. Tuttavia, da patriota qual era, fece buon viso a cattivo gioco, lavorando e combattendo per la vittoria dell’Asse, fino al punto di aderire alla Repubblica Sociale Italiana. In questa scelta, però, giocò anche la sua sempiterna lealtà verso Mussolini.

Anfuso divenne sottosegretario agli Esteri nella Rsi

Nel corso della guerra, Anfuso proseguì la sua opera diplomatica: contrario anche all’intervento italiano in Grecia, convinse il capo degli Ustascia croati Ante Pavelic a tutelare il diritto degli italiani sulla Dalmazia. Non condividendo l’atteggiamento antitedesco di Ciano nei confronti dell’alleato, chiese e ottenne di andare a Budapest, dove lo colse l’armistizio. Anfuso rientrò in Italia e aderì alla neonata Rsi con il telegramma che è passato alla storia: «Duce, con voi sino alla morte!». La sua tesi, ormai sorpassata, era stata quella di lasciare l’alleato tedesco, di sganciarsi, ma non di tradirlo. Fu comunque il solo capo di un’ambasciata italiana ad aderire alla Rsi. Nominato ambasciatore a Berlino, stimato dai tedeschi, Anfuso raggiunse risultati impensabili per il miglioramento delle condizioni degli internati italiani, protestando duramente contro i rastrellamenti e le incarcerazioni di cittadini italiani da parte dei tedeschi. Mussolini lo nominò sottosegretario agli Esteri della Rsi. Tornato in Germania, non riuscì più a raggiungere Mussolini negli ultimi giorni, e il 12 marzo 1945 l’Alta corte di giustizia per i crimini fascisti lo condannò a morte mediante fucilazione alla schiena per l’assassinio dei fratelli Rosselli, di cui sia Anfuso sia Ciano erano totalmente estranei, come risulterà dai successivi processi. Anfuso riparò in Francia, dove però venne arrestato. Passò tre anni nelle carceri francesi, soprattutto a Fresnes, dove scrisse il suo libro di memorie Da palazzo Venezia al lago di Garda. Assolto dall’imputazione fu liberato e si trasferì in Spagna, dove fu accolto con tutti gli onori. Per qualche tempo lavorò come giornalista a La Tarde, fino a che anche la corte di Perugia lo assolse con formula piena dall’omicidio dei Rosselli. Tornato in patria, aderì al Movimento Sociale Italiano, nelle sui fila fu eletto nel 1953, confermato poi nel 1958 e nel 1963, facendo sempre parte della commissione Esteri. Ci lascia numerosi libri, articoli, saggi, il più importante dei quali, pubblicato nel 1950 è il suo Roma-Berlino-Salò (1936-1945). Nel Msi sposò la linea di De Marsanich e Michelini, quella filo-atlantica in funzione antisovietica, e in questa prospettiva si disse favorevole al riarmo tedesco.

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