Giornata della violenza sulle donne. E la Boldrini pensa ai suoi stalker virtuali

25 Nov 2016 12:58 - di Elsa Corsini

Insulti sessisti sulla rete: una triste realtà sperimentata da centinaia e centinaia di donne,  studentesse o personaggi pubblici, imprenditrici o casalinghe, politiche o disoccupate. Nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne la presidente della Camera Laura Boldrini non perde l’occasione di mettersi al centro della scena denunciando di essere  stata anche lei vittima di stalking (informatico).

La Boldrini  vittima di stalking

Di fronte a numeri da far accapponare la pelle, oltre cento donne in Italia ogni anno vengono uccise da uomini, spesso ex fidanzati ed ex mariti che sostengono di amarle, la terza carica dello Stato, forse frettolosa o malconsigliata, ha voluto unire il suo grido di dolore contro la violenza e i femminicidi pubblicando sul suo profilo Facebook un cammeo degli insulti più volgari che ha ricevuto. Insomma ha puntato i riflettori sui suoi personali stalker virtuali, «Ho selezionato e vi mostro solo alcuni messaggi tra quelli insultanti ricevuti nell’ultimo mese. Ho deciso di farlo anche a nome di quante vivono la stessa realtà ma non si sentono di renderla pubblica e la subiscono in silenzio. Ho deciso di farlo perché troppe donne rinunciano ai social pur di non sottostare a tanta violenza. Leggete questi commenti e ditemi: questa si può definire libertà di espressione?».

Ogni anno una strage di donne

Senza nulla togliere alla gravità degli insulti sessisti (e non) che pullulano sul web, subire offese sui social non equivale esattamente a finire in ospedale dopo essere stata malmenata dal proprio compagno o venire sepolta in mezzo al fango dopo essere stata bruciata viva dall’ex marito. Di fronte alle mamme e ai padri di giovani vittime di violenza e abusi  sessuali la Boldrini  sposta l’attenzione su di sé (gli insulti vanno  da “meriti di fare la fine di una puttana” a “ma mai nessuno l’ammazza sta terrorista?”). Più che una denuncia quella della terza carica dello Stato è una messa in chiaro dei protagonisti delle violenze verbali perché «le madri, i colleghi, gli amici, i datori di lavoro di queste persone, sappiano come si esprimono, perché chi scrive queste cose ha una carica di aggressività pericolosa». «Chi è che si deve vergognare, io o loro? Lo stigma deve passare da chi subisce a chi commette», dice intervistata da la Stampa spiegando il suo gesto «pensato in nome e per conto di tutte quelle donne che non hanno la possibilità o non si sentono di farlo. Ho voluto prendere solo alcuni dei commenti, perché tutti non c’entravano…».

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