Cambia l’Italicum. E se nascesse il cartello populista M5S-Lega-FdI?

13 Lug 2016 13:37 - di Carmelo Briguglio

L’Italicum cambierà. Ora Renzi vuole modificarlo. Non intende fare la vittima di quella Nemesi iscritta nel cuore eterno della Politica: chi si costruisce per sé la Norma, gli si rivolta contro. È accaduto tante volte. A destra e a sinistra. Un destino che resiste al tempo dei nuovismi di ogni specie. E a quello del Rottamatore. Il quale è sul punto di essere rottamato da rivoluzionari “più rivoluzionari” di lui: dal giacobinismo pentastellato. Che scavalca e “invecchia” un premier di 40 anni, con un candidato premier di 30: “il mio successore non sarà Di Maio”, è ansia tradita dall’inquilino pro tempore di Palazzo Chigi. Anche questo è scritto nella “conservative mind” che presiede ai processi e alle dinamiche politiche. Da sempre. E che non sembrano mutare. Matteo Renzi – epigone estremo della Dc – avrebbe dovuto saperlo da subito. Sembra, invece, rendersene conto solo adesso, sotto l’effetto del pugno nello stomaco ricevuto dai risultati delle Amministrative. Ha capito che l’Italicum è la “ghigliottina” che lui stesso ha costruito. E fa correre un brivido – quasi metastorico, simile a quel processo psicologico che tutti proviamo col déja vu – il fatto che, per fare passare in Parlamento l’Italicum, i renziani fecero ricorso proprio allo strumento regolamentare della “ghigliottina” contro le opposizioni. A mirarla bene la Politica contiene questi riflessi. I quali condizionano il fluire quotidiano di fatti e avvenimenti solo apparentemente slegati tra loro, in realtà appoggiati su un fondale comune. Che li spiega e li fa leggere.

Renzi “subisce” il cambio della legge elettorale: fiction scoperta

Ora, il problema del premier non è tanto cambiare la legge elettorale che, col ballottaggio, ha un esito certo: la vittoria dei Cinquestelle. Il che gli ha messo il partito contro, come è naturale che sia quando una guida suprema non appare più vincente, anzi follemente lanciata verso il precipizio. Con tutto il carico del “popolo” che gli si era affidato: nessuno dei deputati e senatori Pd vuole “morire” a causa di una riforma suicida. Ma come non pagare il pedaggio della capriola – invero ridicola – che gli dovrebbe salvare la pelle, ma gli farebbe perdere la faccia ? Come cambiare una legge elettorale di cui ancora oggi è costretto – con voce flebile di chi sta preparando la ritirata sul punto – a decantarla come soluzione per sapere la sera dell’elezione chi ha vinto ? Tenuto conto che, in questo caso, il nome del vincitore si conosce già prima dello scrutinio: il movimento di Beppe Grillo. Al quale Renzi ha confezionato una legge per vincere. Vincere tutto. Dal governo al Quirinale, agli organi di garanzia, come la Consulta. Del che, anche personalità con esperienza consolidata, dentro i Democratici, hanno piena consapevolezza. E, allarmati, si stanno muovendo per neutralizzare il premier-segretario che li sta portando a sbattere. Alcuni, come Dario Franceschini, per trovare una soluzione non traumatica, se possibile. Altri, come Massimo D’Alema, per toglierlo di mezzo e sostituirlo. Con Enrico Letta, ad esempio. Il che vorrebbe dire ritornare al punto di partenza, considerando quella renziana poco più che una parentesi. Dannosa per il Paese e per il Pd, dal loro punto di vista.
Nel frattempo, la tattica del presidente del Consiglio – ancora, l’ennesima – è di “laissez faire, laissez passaire”; fare finta di subìre l’iniziativa altrui nel cambiare nuovamente la legge elettorale. Sarà la Corte Costituzionale che deciderà in autunno la sorte dell’Italicum; o anche l’iniziativa parlamentare a cui – con una “riserva” che non volle osservare al momento dell’ approvazione della legge – adesso il capo del governo, pur stizzito, si è dovuto rimettere: “Se il Parlamento è in grado di farne un’altra, si accomodino”. In ogni caso, dopo la botta delle Comunali, il dietrofront sull’Italicum sarà la seconda sconfitta politica di Renzi. La sua fiction è scoperta: è generale la percezione della sua debolezza, nonostante il tentativo di nasconderla. Inutile. “Avete visto il leopardo? …Quello era un leopardo vivo!.. Lo dico – riprese don Cosmo – perché ora, cari miei, è pieno di stoppa e non mangia più”, fa dire Pirandello a uno dei suoi personaggi ne “I vecchi e i giovani”.

Premio alla coalizione: i Cinquestelle si alleeranno per vincere ?

Tutti avvertono che si avvicina l’ultimo giro dell’ex Rottamatore. Il quale – campione come pochi di cinismo politico e spregiudicatezza – “cederà” alla volontà altrui di introdurre il premio di maggioranza alla coalizione e non alla lista. E modificherà il ballottaggio per fregare i grillini, impedendo la loro vittoria, oggi quasi matematica. D’altra parte il M5S sarà chiamato a cambiare a sua volta la propria strategia. Anche in presenza di nuove regole elettorali, potranno Di Maio e Di Battista continuare con la linea isolazionista che rifiuta per principio le alleanze ? Esplicite, s’intende. Perché alle recenti Amministrative di accordi ufficiosi i Cinquestelle ne hanno fatti. Al secondo turno. Ricevendo, per lo più, i voti degli elettori populisti e radicali. Da destra (Lega, Fratelli d’Italia), in particolare. Chi può giurare che i grillini, dinanzi a una legge che segnasse una “conventio ad excludendum” nei loro confronti – la destra la subì per decenni – non possano accedere all’idea di stipulare alleanze politiche ? Questione seria. E, ancor di più, nel momento in cui sarebbero chiamati a individuare con chi. Ma l’opzione di disegnare un quadro di accordi per vincere le Politiche e andare a governare l’Italia, è una prospettiva che si porrà al Non Partito. Che dovrà farsi Partito. Di governo. Un’esigenza che potrebbe incrociare quella di forze politiche e leadership giovani. Come quella, a destra, della Lega di Salvini e di Fdi della Meloni, alla ricerca di nuove strade. Autonome rispetto al centrodestra vecchio. E a una Forza Italia che – dopo il ricovero di Berlusconi – sembra sempre più un pezzo delle holding dell’ex Cavaliere. Come le sortite frequenti degli uomini che guidano le sue aziende, Confalonieri in testa, avvalorano sempre più.
La frattura tra Moderati e Populisti che riga lo schieramento del centrodestra – le elezioni comunali l’hanno resa visibile – potrebbe avvicinare due mondi lontani, ma non lontanissimi: il M5S e la destra “nova” di Salvini e Meloni. Un cartello elettorale oggi non all’ordine del giorno. Ma un cambio dell’Italicum, di parte e cucito su misura di chi governa, potrebbe rendere possibile ciò che oggi appare impossibile. Il che è qualità specifica del Politico.

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