Bologna, perché non si trovò il corpo di una vittima? Un libro rilancia il caso

6 Lug 2016 14:53 - di Lisa Turri

A poche settimane dalla strage di Bologna del 2 agosto 1980 un libro di Valerio Cutonilli e Rosario Priore, I segreti di Bologna (Chiarelettere), riporta a galla uno dei molteplici interrogativi legati a quell’attentato. Ne parla ampiamente Il Tempo (di cui Cutonilli è collaboratore) con un articolo di prima pagina firmato dal direttore Gian Marco Chiocci.

Il caso sollevato è quello di Maria Fresu, 24 anni, che si trovava in stazione con la figlioletta di tre anni Angela, uccisa dall’esplosione e due amiche, Verdiana Bivona e Silvana Ancilotti. Quest’ultima fu l’unica sopravvissuta delle quattro. Il corpo di Maria non fu mai ritrovato, anche se i periti accertarono che le tre donne e la bambina si trovavano non nell’area mortale della stazione (a cinque metri dall’ordigno) ma in una zona definita “con danni molto gravi” (tra i cinque e gli undici metri di distanza). Com’è possibile – si chiedono Cutonilli e Priore – che i cadaveri delle vittime collocate nell’area mortale sono rimasti sostanzialmente integri mentre quello di una donna posizionata in una zona ancora più lontana dal luogo dell’esplosione sia stato “disintegrato”? Ancora più strano è che in nessun processo sia stata ascoltatata come teste l’amica di Maria Fresu, Silvana, sopravvissuta alla strage alla stazione. Una spiegazione fu trovata attribuendo a Maria “un piccolo lembo facciale” conservato nell’obitorio dell’Istituto di medicina legale di Bologna. Ma i gruppi sanguigni dei due cadaveri non combaciano. E allora? La domanda inquietante che si fa strada è: qualcuno è accorso quella mattina per inquinare la scena del crimine? E cosa c’entrava una vittima innocente come Maria Fresu?

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