Il prete nipote di Prodi: “Basta con le benedizioni pasquali. Diamo l’ovetto”

9 Mar 2016 10:21 - di Redattore 92

Don Matteo Prodi, parroco del Bolognese, nipote di Romano Prodi, ha trovato il modo per non offendere gli atei e per non irritare gli islamici durante le benedizioni per le feste pasquali. «Invece che qualche goccia d’acqua, perché negli uffici e nelle scuole non portiamo qualche ovetto di Pasqua?». Degno nipote del Professore, Don Prodi parroco a Ponte Ronca, ha proposto ai suoi colleghi sacerdoti di trasformarsi in garzoni di pasticceria. «Il gesto, credo, sarebbe del tutto aconfessionale – prosegue il prete nella sua lettera pubblica – susciterebbe del bene e ai nostri ragazzi insegnerebbe qualcosa; ma non solo a loro. E per chi attende una benedizione da Dio Padre, nessuna benedizione può essere più gradita a Dio di un po’ di attenzione al prossimo». Il sottotesto? Non offendiamo gli islamici, che potrebbero reagire male. Addolciamoli con un ovetto di cioccolata.

La lettera di don Matteo Prodi, nipote di Romano

«Sono molto stanco – scrive il sacerdote in una lettera – di leggere sui giornali posizioni così contrapposte e violente; sono particolarmente a disagio, soprattutto perché passo quasi due mesi della mia vita a benedire case, aziende, uffici e negozi; non posso pensare che questo sia capace di portare a tanta rabbia». Per don Matteo Prodi, «benedire vuol dire suscitare del bene, a partire dalla certezza che la nostra vita è meravigliosa. Questo per chi crede ha la sua origine in Dio; per chi non crede deriva quantomeno dall’amore degli altri, dal prossimo, dai fratelli». E allora, «la riflessione che faccio è semplice: se buttare qualche goccia d’acqua fa così male, vuol dire che la benedizione non suscita del bene; vuol dire, con qualche probabilità, che si deve cambiare strada». Don Prodi non è nuovo a queste lettere pubbliche bizzarre. Durante il governo Letta scrisse al premier lamentandosi che le tasse per i ricchi erano troppo basse. Iniziativa mai presa, ovviamente, quando suo zio Romano sedeva a Palazzo Chigi.

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