Fu Mafia Capitale: giudice riconosce la radice mafiosa di Buzzi e Carminati

4 Nov 2015 8:36 - di Redazione

Cinque anni e quattro mesi di carcere per corruzione, più di quanto aveva chiesto l’accusa e con lo sconto dovuto al rito abbreviato, sono una pena che può definirsi esemplare. Ma ciò che più conta, nel verdetto che ieri ha condannato Emilio Gammuto — ex detenuto per tentato omicidio, rapina e armi, poi «reinserito socialmente» e divenuto stretto collaboratore di Salvatore Buzzi nella gestione della cooperativa «29 giugno» — è l’aggravante di aver favorito, con i propri comportanti illeciti, l’associazione mafiosa.

Associazione mafiosa è stata riconosciuta come tale dal giudice che ha emesso la sentenza.

È la prima volta che avviene nella fase del processo vero e proprio, finora tutte le pronunce (compresa quella della Cassazione) erano limitate alle ordinanze di arresto; ora invece, al momento di decidere se un imputato è colpevole o innocente, un giudice ha stabilito che il «sodalizio criminale» capeggiato da Massimo Carminati e Buzzi non solo esiste, ma può essere a buon diritto chiamato «Mafia Capitale». Di qui l’aggravante addebitata a Gammuto; imputato minore ma non troppo, nella costruzione dei pubblici ministeri che l’avevano messo sulla linea di confine tra i «mafiosi» propriamente detti e gli altri; lasciandolo al di qua perché proprio la gravita dell’accusa richiede un livello probatorio molto elevato. Ma Gammuto, per dime una, è stato intercettato con Carminati mentre organizzavano la bonifica degli uffici della cooperativa, per proteggerla da eventuali microspie.

Riconoscimento dell’aggravante mafiosa è il miglior viatico per la Procura

Una sorta di maxi-processo con 46 imputati (tré in videoconferenza, considerati i vertici dell’organizzazione) dai risvolti politici talmente evidenti da aver provocato — di fatto, scrive “il Corriere della Sera” — la crisi in Campidoglio con conseguente «scioglimen to» del consiglio comunale; non per mafia ma per il venir meno delle condizioni di governabilità a partire da ciò che l’inchiesta sul «mondo di mezzo» ha messo in luce fin dalla prima retata di fine 2014. Anche nel processo principale che si svolgerà col rito ordinario e si aprirà con schermaglie procedurali tra accusa e difesa che non saranno solo formali, la sfida principale resta la stessa: l’esistenza o meno dell’associazione mafiosa «originale e originaria», come l’hanno definita i pubblici ministeri; «originale perché presenta caratteri suoi propri, in nulla assimilabili a quelli di altre consorterie note (come Cosa nostra o la ‘ndrangheta, ndr), e originaria perché la sua genesi è propriamente romana, nelle sue specificità criminali e istituzionali». È il tema sul quale da mesi si alimentano polemiche, più gior- L’inchiesta • II 2 dicembre 2014 scattano I primi 37 arresti nell’inchiesta «Mondo di mezzo». Ai vertici del sistema corruttivo mafia-politica, ribattezzato Mafia Capitale, l’ex Nar Massimo Carminati

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