Utero in affitto, a Milano si possono acquistare bambini: ecco il tariffario

26 Set 2015 14:40 - di Fortunata Cerri

La notizia è agghiacciante. Nel cuore di Milano si possono “acquistare” futuri bambini con l’utero in affitto. Basta sborsare una cifra che va dai 75mila ai 120mila dollari per “ordinare” e acquistare un bambino. Non si fa alcuna distinzione di coppie: i clienti possono essere etero, gay o anche single.  A denunciare il nuovo business illegale in Italia è l’associazione ProVita.

Utero in affitto, la denuncia dell’associazione ProVita

Due membri dell’associazione, che vengono chiamati X e Y hanno finto di essere una coppia gay e il 23 settembre hanno incontrato, in un salone che di solito ospita eventi privati nel pieno centro di Milano, il medico americano Said Daneshmand. Il professore è il fondatore della Fertility Clinic di Las Vegas, una clinica che, appunto,  si occupa di gravidanze surrogate servendo clienti provenienti da tutto il mondo. Come scrive sul suo sito l’associzione ProVita, ad organizzare l’incontro è stata l’associazione “Prepara“, un ente che si occupa proprio di pubblicizzare i servizi della Fertility Clinic e di trovare clienti europei da presentare al medico.

Ecco come si sono svolti i fatti

X e Y hanno scritto all’associazione “Prepara” e sono riusciti a farsi invitare ricevendo via mail la comunicazione del luogo e dell’ora esatti dell’incontro. Lì hanno incontrato anche diverse coppie, sia etero che di soli uomini. C’è anche un single. Il primo tema affrontato è stato quello dei costi. Ai presenti viene illustrato il listino prezzi. Le cifre sono alte e vanno dai cinquemila  ai diecimila dollari per gli ovuli. Per la madre surrogata si va dai 15 ai 30mila. Diecimila dollari per un esame dell’embrione, 2-5mila dollari per un esame del feto alla decima settimana (se questo test andasse male il feto potrà essere abortito).  Più vari altri costi per analisi sui “genitori”, sui gameti, le provvigioni di agenzie intermediarie ed avvocati. In totale, quindi, le coppie se ricorreranno all’aiuto del medico americano dovranno sborsare dai 75mila ai 120mila dollari.

Le rassicurazioni

Poi, i presenti sono stati rassicurati: innanzitutto, è stato detto, la donna che ha appena partorito rinuncia a qualsiasi diritto sul neonato. La prassi, per evitare complicazioni di qualsisiasi tipo, prevede che siano scelte due donne, una è la venditrice degli ovuli e l’altra è la gestante. Ma soprattutto il punto sul quale hanno insistito gli organizzatori dell’incontro è che sia la venditrice degli ovuli sia la “surrogata” vengono selezionate secondo criteri molto restrittivi, perché qualsiasi problema o complicazione durante la gravidanza o il parto farebbe lievitare i costi per i “committenti”.

Le battute e lo stratagemma per l’arrivo del bimbo

Durante l’incontro c’è stato anche spazio per le battute di cattivo gusto:  «Al momento della selezione dell’ovulo possiamo scegliere secondo i nostri canoni di preferenza giusto? Magari una bella bionda con gli occhi azzurri alta 1.80…», ha detto una coppia. L’incontro si è chiuso con le domande più insolite dei potenziali clienti e sono state approfondite le opportunità di scegliere “gestanti” nei diversi paesi, negli Stati Uniti o del Canada, scelta da fare anche in base agli strumenti legali ed assicurativi che ciascuna legislazione mette a disposizione delle coppie. L’ultimo punto ha riguardato il rimpatrio del bimbo: e lo stratagemma per far entrare in Italia il neonato senza nessuna complicazione è subito pronto. Basta rientrare in Europa  e fare un primo scalo in un paese diverso dall’Italia. Una volta atterrati in Europa e aver ufficializzato presso le autorità europee che si sta rientrando con il proprio “figlio” il successivo passaggio da uno stato dell’Unione all’Italia non darà nessun problema. E la conferma è arrivata anche da una coppia presente all’incontro: «Molti nostri amici gay hanno diversi bambini e non hanno avuto nessun problema». Il meeting si è chiuso con commenti e lamentele sulla legge italiana definita troppo resttrittiva. Ora il prossimo passo dell’associazione è quello di presentare una denuncia in procura.

 

 

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *