In Ungheria tutti con Orban: «Muro di 4 metri? Troppo basso, fallo più alto»

19 Giu 2015 10:25 - di Livia De Santis

Lungo il confine dell’Ungheria con la Serbia tutti chiedono sicurezza e tutti mostrano di gradire il progetto del  governo di Viktor Orban di sigillare i 175 chilometri della linea di confine con un muro alto quattro metri destinato a bloccare il flusso continuo di immigrati illegali che arrivano da sud, lungo la “rotta dei Balcani“.  I tre comuni più interessati dal fenomeno sono Asatthalom, Röszke e Mòrahalom. Un piccolo canale nella campagna verde e rigogliosa, a qualche chilometro da Asotthalom, segna uno dei punti del confine tra i due Paesi. Nell’erba alta calpestata sono visibili i segni di un passaggio recente di clandestini: calzini e altri capi di abbigliamento gettati via, lattine, cartacce, resti di cibo… «Qui la gente non ne può più e non vede l’ora che si costruisca il muro», dice Veronika Dobo, funzionaria del municipio di Asotthalom, paesino di quattromila abitanti a ridosso della frontiera con la Serbia, il cui sindaco è vicino a Jobbik, il partito anti-immigrati. «Ogni giorno – sostiene la funzionaria – qui arrivano dai 200 ai 300 immigrati irregolari, e la popolazione locale ritiene addirittura che non sia sufficiente erigere il muro. In tanti chiedono che vi sia anche un controllo di polizia costante e capillare lungo la frontiera». I migranti, aggiunge, si arrangiano in sistemazioni di fortuna, dormono all’aperto nei boschi, qualcuno riesce a fare lavori occasionali nelle campagne. «Ma sta crescendo sensibilmente anche il tasso di criminalità», afferma la funzionaria. Una stele di pietra bianca con su scolpita una “M” (Magyarorszag) sta a indicare che si è in territorio ungherese. A poche decine di metri, al di là del canale, c’è la Serbia.

E c’è chi vuole il muro ancora più alto

Anche a Röszke, un paesino di 3300 anime situato nella  provincia di Csongrád sono tutti d’accordo col muro, ma c’è chi lo vuole anche più alto. Come si legge in un reportage de La Stampa qui c’è un ristorante-bar, si chiama “Viva” e dietro al banco c’è un giovane di nome Cristian. «Questa idea del muro – dice –  così come l’ha presentata il primo ministro non mi convince. Quattro metri non bastano. Quelli possono imparare il modo di saltarlo. Ho visto in televisione che lo fanno anche in Spagna, a Melilla, , vicono al Marocco, dove le barriere sono alte più del doppio». Cristian racconta al giornalista che lo intervista che i migranti, i profughi «sono sporchi. Pisciano per strada. Mollano quei vestiti lerci in giro. Fanno tanta immondizia». Anche la signora Szucsné Kantor che abita a pochi metri di distanza dal ristorante la pensa allo stesso modo: «Viva il muro, sono proprio felice. I migranti passano davanti alla mia proprietà. Non mi sento sicura». Anche il sindaco di Mòrahalom, Nògradì Zoltàn  la pensa allo stesso modo: «Sono favorevole a tutto quello che può ripristinare l’ordine».

Il progetto del muro: le critiche dell’Ue e della Serbia

E intanto nonostante le critiche dell’Ue il progetto per la costruzione del muro anti-immigrati continua ad andare avanti. Il ministero dell’Interno di Budapest è stato incaricato di definire entro mercoledì prossimo un piano dettagliato, con relativi costi e reperimenti di materiali. Un muro che dall’altra parte del confine, in Serbia, viene visto come una autentica maledizione, un incubo in grado di far tornare il Paese ex jugoslavo di molto indietro, agli anni dell’isolamento e dell’embargo occidentale. Proprio ora che Belgrado, con le riforme e il miglioramento dei rapporti con Pristina, viaggia spedita sulla strada dell’integrazione europea. La Serbia del resto, in conseguenza delle guerre degli anni novanta, ha dovuto accogliere essa stessa in passato 350mila profughi dalla Croazia e 250mila dal Kosovo. Molti dei quali sono ancora ospitati in campi per rifugiati sparsi per il Paese. Il premier Aleksandar Vucic, si è detto “sorpreso” e “scioccato” per l’annuncio della costruzione del muro fatto dal ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto. «Siamo forse noi responsabili della crisi in Siria, dell’Isis? Del problema dei curdi? Forse dovremmo costruire anche noi dei muri alle frontiere con Macedonia e Bulgaria? Ma la soluzione non è costruire barriere», ha detto Vucic, che intende affrontare il problema direttamente con il premier ungherese Viktor Orban.

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