«Deve 4,5 milioni al fisco». Nei guai il reverendo amico di Obama e de Blasio

20 Nov 2014 21:02 - di Redattore 92

Grossi guai con il fisco americano per il leader della comunità afroamericana di New York, il reverendo Al Sharpton: secondo un dossier pubblicato dal quotidiano The New York Times avrebbe un conto in sospeso con l’erario pari a 4,5 milioni di dollari di tasse statali e federali. Il leader per i diritti civili – amico e sponsor elettorale sia del presidente Barack Obama che del sindaco di New York, Bill de Blasio – ha aspramente criticato le affermazioni del Nyt definendo il dossier «fuorviante e totalmente fuori contesto». Sharpton, che che è stato anche candidato alla nomination democratica alla Casa Bianca nel 2004, ha spiegato che gli era stato intimato di versare i 4,5 milioni di dollari nel 2008, e che da allora ha eseguito pagamenti regolari e l’importo è di molto diminuito. «Stiamo parlando di vecchie imposte – ha risposto Sharpton – Non stiamo parlando di qualcosa di nuovo. Quindi dire che io non pago le tasse semplicemente non è vero».

Sharpton grida al complotto politico

In un nuovo articolo, tuttavia, il quotidiano della City precisa che secondo i documenti statali e federali le contestazione contro il signor Sharpton e le sue imprese rimangono in piedi, nel senso che i debiti non sono stati completamente ripagati. Il reverendo sostiene in ogni caso che ci sia una motivazione politica nella tempistica dell’articolo dovuta alla sua influenza in ascesa, grazie al ruolo di consigliere informale di de Blasio e Obama. «A un sacco di gente non piace il fatto che Obama è presidente, a un sacco di gente non piace il fatto che de Blasio è sindaco di New York», ha detto Sharpton, famoso per il suo linguaggio particolarmente colorito.

Quegli insulti contro il candidato repubblicano

Durante la campagna per le elezioni presidenziali americane del 2008, in un dibattito a Boston, Sharpton, che è uno dei leader della comunità afroamericana di New York, aveva insultato il candidato repubblicano, affermando che «noi che crediamo in Dio» sconfiggeremo Mitt Romney. Sharpton, sempre tra i primi a reagire nei casi di razzismo contro i neri, si era giustificato spiegando che la sua frase non si rivolgeva a Romney – che crede in Dio – bensì a Christoper Hitchens, l’autore, ateo, che era presente al dibattito in questione.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *