Mose, lo sfogo dell’ex-presidente: «Così Mazzacurati trasformò il Consorzio in una macchina per tangenti»

16 Giu 2014 11:52 - di Redazione

«Glielo dicevo a Giovanni che sarebbe finita male. Lui mi rispondeva che non capivo un tubo, che bisognava andare avanti a tutti i costi». E’ un colpo micidiale ai tentativi della cricca del Mose di scansare le accuse dei magistrati, la testimonianza di Roberto Pravatà, l’ex-vice presidente del Consorzio Venezia Nuova che nel suo memoriale, punta il dito contro Giovanni Mazzacurati e spiega di aver «riportato fatti un po’ più easy, diciamo così, e altri che assumono un rilievo penale». Il memoriale, su cui «devo mantenere il segreto istruttorio, contiene circostanze che riguardano politici di livello nazionale, tra cui anche ex-ministri». Una sottolineatura, questa, che fa andare in fibrillazione il mondo della politica perché arriva da chi, come Pravatà, a un certo punto se ne è andato sbattendo a porta proprio perché non condivideva i metodi di chi, evidentemente, aveva “istituzionalizzato” il giro di tangenti.
L’ex-vice presidente del Consorzio Venezia Nuova spiega, nei dettagli, come funzionava: «i rapporti con la politica li teneva Mazzacurati. Poi però riferiva le richieste a me, che ero il capo delle finanze del Consorzio. Occupavo un ruolo per cui non potevo non sapere certe cose». Un’assunzione di responsabilità alla quale segue, però, anche una netta presa di distanza da quei metodi: «Me ne sono andato quando il “sistema” era appena all’inizio – aggiunge -. Dal 2007 in poi Mazzacurati usò metodi per acquisire il consenso che non mi piacevano, più volte mi sono trovato a dirgli “queste carte non te le firmerò mai”».
Tangenti e favori. «Volle farmi assumere la figlia di Cuccioletta, il Magistrato alle acque – racconta Pravatà – Brava ragazza, per carità, si era appena laureata. Ma c’era un problema di opportunità, il Magistrato era il nostro controllore».
Il metodo inaugurato da Mazzacurati evidentemente stava funzionando tant’è che si raffina e sale di livello: «Poi ha preteso che mi dimettessi dalla vice presidenza di Thetis (società di ingegneria, acquisita dal Consorzio, ndr), perché doveva mettere uno dei suoi». E’ la goccia che fa traboccare il vaso dei rapporti già parecchio tesi fra Mazzacurati e Pravatà: «A quel punto dissi basta».
E le tangenti ai politici? Quand’è che inizia il flusso di soldi verso i palazzi? Finché c’era lui, assicura Pravatà, non è stata finanziata nessuna campagna politica: «Era una precisa disposizione dei presidenti precedenti, da Luigi Zanda a Franco Carraro e Paolo Savona. Poi i consiglieri nominano Mazzacurati. Siamo nel 2005 e da quel momento il Consorzio subisce una mutazione genetica, diventa spregiudicato. Quando trovai strane fatture provenienti da San Marino, mi resi conto che si era passato il limite».

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