Gli strani incontri di Casaleggio e Grillo all’ambasciata inglese, con Letta che pranzava al piano di sotto

21 Mag 2014 13:30 - di Silvano Moffa

Le lancette dell’orologio tornano indietro. Al 10 aprile 2013. Una settimana prima delle elezioni presidenziali Grillo e Casaleggio sono ospiti dell’ambasciatore inglese. Non è  un semplice invito di cortesia. In una lunga intervista a Marco Travaglio,  pubblicata da il Fatto Quotidiano , il guru del Movimento 5Stelle, racconta un episodio finora sconosciuto. “L’ambasciatore ci chiese di incontrare Enrico Letta, allora vicesegretario Pd, che aspettava in un’altra stanza. Rifiutammo. Allora ci fecero salire al piano di sopra da una scala di servizio per pranzare con alcuni addetti dell’ambasciata, mentre l’ambasciatore pranzava al piano di sotto con Letta. Ad un certo punto l’ambasciatore o il suo braccio destro ci domandò: voi che ne pensate della rielezione di Napolitano? Poi, quando due settimane dopo ci trovammo Napolitano rieletto e Letta presidente del Consiglio, ci dicemmo che forse qualcosa non quadrava…”. Già, ci sono molte cose che non quadravano allora, come non quadrano oggi. Che l’Italia sia un paese dimezzato, spogliato di sovranità, non soltanto oggetto di studio da parte delle diplomazie straniere, a partire da quelle europee, per le sue stravaganze politiche e non solo per quelle, ma una nazione eterodiretta e influenzata dall’esterno è ormai cosa risaputa.

La differenza rispetto al passato è che ora tutto avviene con stupefacente naturalezza , come fosse una normalità. Un ex ministro del Tesoro statunitense svela in un libro i retroscena della forte pressione esercitata dalla diplomazie europee per togliere di mezzo Berlusconi; un famoso giornalista americano, Alan Friedman,in un altro libro che ha fatto molto discutere, narra i dettagli con cui fu confezionata l’ascesa di Mario Monti in politica e la sua incoronazione come  premier senza passare per le elezioni, ancor prima che il Cavaliere rassegnasse le dimissioni; un bagliore di  luce  perfora la coltre grigia e maleodorante di un sistema putrido e compromesso, ingabbiato, scodinzolante, avvezzo all’intrigo e prono ai diktat della Merkel o dei banchieri di Bruxelles e, al massimo, spunta qualche moto di riprovazione, qualche dichiarazione di circostanza. Se fossimo  un Paese normale, dovremmo indignarci, ribellarci, pretendere spiegazioni ufficiali da quei governi che, con così manifesta improntitudine, hanno esercitato ( e continuano ad esercitare) una inaccettabile ingerenza nei nostri affari interni, facendo leva di volta in volta su  pelose complicità. Questi argomenti, tanto per esser chiari, dovrebbero essere al centro del dibattito in queste ore che ci separano dal voto per il rinnovo del Parlamento europeo. Invece, salvo alcune eccezioni, vengono glissati, evitati, relegati in secondo piano. Nel calderone mediatico , tanto caro agli addetti ai lavori, fa presa di più lo share del binomio Vespa-Grillo a “Porta a Porta”, chi, fra i due, abbia avuto la meglio, se Vespa abbia surclassato il Grillo furente in versione soft e moderata, o se quest’ultimo abbia conquistato i cuori di un pubblico poco avvezzo al suo strampalato maramaldeggiare sul corpo esausto dell’attuale ceto politico. In una politica che si fa spettacolo tra antiche e nuove forme, con mezzi classici e strumenti moderni, ci si lasci almeno la speranza di poter tornare ad essere padroni in casa propria.

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