Basta con le stangate, stop alla “cura Merkel”, altrimenti il ceto medio non si risolleverà più

30 Mag 2014 17:38 - di Giovanni Centrella

Tra i tanti problemi rilevati nel Rapporto Annuale dell’Istat, oltre alla situazione dei giovani e meno giovani che, tra i 15 e i 34 anni di età, hanno visto scendere i loro tasso d’occupazione dal 50,4% del 2008 all’attuale 40,2%, andrebbero messe in evidenza altre criticità. Primo, l’Italia ha una delle più basse incidenze di laureati: il 16,3% delle persone di 25-64 anni contro il 28,4% dell’Ue28. Secondo, tanti cercano nuove opportunità fuori dall’Italia: nel 2012 hanno lasciato il Paese oltre 26mila giovani tra i 15 e i 34 anni, 10mila in più rispetto al 2008. Un esodo di quasi centomila giovani (94mila). Terzo, il nuovo minimo storico per le nascite da quasi vent’anni.

Tre aspetti sui cui un governo e un’intera classe dirigente dovrebbero riflettere con una “logica di sistema”, sapendo che l’economia è una scienza sociale. Persino negli anni di prosperità non sono state messe in atto efficaci politiche per la famiglia, quindi per la natalità e per i giovani. Oggi da una parte si dà avvio alla Garanzia Giovani e dall’altra si continua ad ampliare la flessibilità-precarietà nei contratti di lavoro. Un mito recentemente sfatato dall’Ilo nel suo rapporto “World of Work 2014” dedicato alle economie emergenti, in base al quale «contrariamente alle previsioni» un mercato del lavoro più flessibile non rende più semplice il passaggio da un posto di lavoro in nero o precario a uno a tempo indeterminato. Non solo, sempre secondo l’Ilo, i Paesi che hanno investito in occupazione di qualità a partire dai primi anni del 2000 hanno registrato, dal 2007 in poi, una crescita superiore di circa l’1% rispetto a quella di altre economie emergenti o in via di sviluppo, consentendo così di attenuare l’impatto della crisi.

Aggiungo una mia personale convinzione: senza garanzie e senza stabilità il ceto medio non si risolleverà dalla profonda crisi in cui è caduto a causa delle politiche di rigore. Di conseguenza il mercato interno – e persino le casse dello Stato – rischia di diventare con il passare del tempo una scatola vuota, perché la flessibilità è utile solo a migliorare le statistiche, non alla quantità e alla qualità della ricchezza necessaria all’Italia per uscire dalla crisi.

*Segretario Generale Ugl

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *