Ora che il Cavaliere è all’opposizione, il destino di Alfano ruota intorno al “diversamente berlusconiano”

27 Nov 2013 19:31 - di Mario Landolfi

Gira e rigira, il destino di Alfano ruota intorno a quel “diversamente” cui l’ex-delfino ha momentaneamente affidato il compito di definire l’identità del suo “Nuovo Centrodestra”. È solo l’intensità politica di quell’avverbio a permetterci infatti di capire fino a che punto l’ex-delfino potrà pigiare sul pedale sulle larghe intese (già da ieri molto ristrette) senza deludere quote di elettorato comunque berlusconiano e fino a che punto è disposto invece a sacrificarle in nome di comprensibili convenienze elettorali. Fatto sta che dopo la decisione di Forza Italia di uscire dalla maggioranza e di puntare senza mediazioni al fallimento della legislatura, Alfano rischia di finire come vaso di coccio tra vasi di ferro. E se i suoi vecchi amici di partito hanno già cominciato a fargli assaggiare la frusta chiodata di un’opposizione ad personam, i suoi nuovi colleghi di governo non appaiono per nulla disposti a pagare in prima persona il costo delle diatribe in atto nel centrodestra. Il Ncd è nella sua fase più difficile. È un vascello in mezzo a una burrasca in una notte senza stelle con la rotta affidata esclusivamente a quel “diversamente berlusconiano” che poche settimane apparve a molti un pallone scaraventato in corner e che ora invece si trasforma in una preziosa bussola per districarsi in un mare affollato di scogli a pelo d’acqua.
La furibonda reazione di Berlusconi al voto che lo ha fatto decadere dal Senato, l’appello alla piazza, la denuncia di un colpo di stato che lo avrebbe disarcionato da Palazzo Chigi esattamente due anni fa, il dito puntato contro Napolitano, rappresentano posizioni radicali che non prevedono succedanei o addolcimenti. O si condividono o si rifiutano. Ma, almeno per ora, Angelino non può fare né l’uno ne l’altro pena il suo venir meno alla sua stessa storia e alla sua ragione sociale. Egli non può recidere del tutto il cordone ombelicale con la sua antica famiglia politica perché è proprio da questa che trae forza e legittimazione, pur declinandone “diversamente” identità e finalità. È una posizione scomoda, la sua. Ma a Forza Italia non basta saperlo in difficoltà. Vuole completamente squalificarlo agli occhi del proprio elettorato e per questo tenta di schiacciarlo sul centrosinistra.
Sarà un’offensiva incessante e crescente rispetto alla quale non basterà ad Alfano sventolare l’etichetta di centrodestra. A maggior ragione ora che Forza Italia si accinge a cavalcare un sentimento eurocritico non più circoscritto ai soli ceti sociali più esposti alla crisi, il Ncd dovrà anche apparire tale nei contenuti e nei volti di chi dovrà interpretarli ed eseguirli, nel programma e nell’organigramma. Il terreno delle riforme può essere quello propizio. In tal senso, è buona l’idea di proporre al Pd una piattaforma in cinque punti per giustificare l’esistenza fino al 2015 di un finora deludente governo, ma è chiaro che se il partito di Alfano sbraca sul tema delle modifiche costituzionali acconciandosi ad una riforma purchessia, darà fiato a chi ha interesse a catalogarlo come centrino immaturo smanioso di amplesso con quello di Casini e soci. Al contrario, giocare d’anticipo e d’attacco issando, ad esempio, la bandiera del presidenzialismo sarebbe utile non solo alle istituzioni ma anche a stanare una Forza Italia chiamata a quel punto a scegliere tra la sterile recriminazione e la possibilità di incidere in una direzione sempre auspicata dal centrodestra e dallo stesso Cavaliere. E così anche sul tema della giustizia. Insomma, il “diversamente” può essere utile alla causa del Ncd ma solo nella misura in cui riesce a realizzarsi nella qualità nell’azione di governo. Nella sua essenza più autentica, la mission di “diversamente berlusconiano” ha infatti senso solo se s’incarica di dimostrare la cifra politica del centrodestra in condizioni normali, cioè libero dall’assedio giudiziario, privo del conflitto d’interessi e al netto di un’organizzazione proprietaria e padronale. Diversamente, il fatale avverbio non sarà servito a niente se non a regalare un quarto d’ora di celebrità e dei riluttanti parricidi.

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