Il prof dell’artistico non istigò all’odio razziale: assolto dopo 5 anni. Avvocati e storici contro il reato di negazionismo

13 Nov 2013 13:41 - di Sandro Forte

«Roma, professore di liceo negazionista: “La Shoah? Non esiste”», «“L’Olocausto è stato un’invenzione”. I ragazzi del liceo raccontano»: sono soltanto due degli articoli usciti cinque anni fa che si riferivano a presunte affermazioni di Roberto Valvo, allora professore di Storia dell’arte al liceo artistico di via Ripetta a Roma. L’insegnante era finito sul banco degli imputati per istigazione all’odio razziale: ebbene, dopo due anni di processo, è stato assolto con formula piena, ossia “perché il fatto non sussiste”. Valvo fu denunciato dai genitori di un’alunna di origine ebraica, presente durante la lezione in cui il professore avrebbe esposto teorie negazioniste sull’Olocausto che avrebbe poi ribadito durante un Consiglio di classe. «Nelle parole del docente in effetti non c’è mai stata nessuna dichiarazione di propaganda e di superiorità razziale e soprattutto nessuna istigazione all’odio», ha commentato l’avvocato Giuseppe Pisauro, difensore di Valvo. Il quale, ora in pensione, all’epoca fu sospeso dall’incarico per queste accuse da cui, dopo cinque anni, solo adesso è stato assolto.
Il reato di negazionismo sarà subordinato a un «dolo specifico»; cioè non sarà sufficiente esprimere un’opinione, pur aberrante, per finire sotto processo. La relatrice Rosaria Capacchione (Pd) lo ha spiegato al Senato: è in arrivo un emendamento «interamente sostitutivo dell’unico articolo di cui è costituito il ddl e ciò per l’esigenza di meglio inserire nel tessuto del Codice penale questa rilevante novità, guardando comunque alla salvaguardia della libertà di ricerca storica». In pratica, se terrà l’accordo di maggioranza raggiunto nei giorni scorsi, il negazionismo non sarà un reato autonomo, bensì una sottospecie della «istigazione a delinquere» in forma di comma all’articolo 414 del Codice penale. E sarà anche un’aggravante che determinerà «l’aumento della pena della metà per chi compie istigazione o apologia dei crimini di genocidio o contro l’umanità». Il reato o l’aggravante di negazionismo resta comunque al centro delle polemiche. L’Unione delle Camere penali è fortemente contraria. Per ribadire le ragioni del «no» a «un innegabile reato di opinione» i penalisti hanno organizzato per venerdì un convegno a Roma al quale parteciperanno esponenti del mondo accademico e del giornalismo (a coordinare la tavola rotonda sarà Paolo Mieli). «A coloro che negano la Shoah bisogna rispondere con le armi della cultura e, se si vuole, con la censura morale, ma non con il codice penale», ribadisce l’Ucpi nell’annunciare l’iniziativa. Il rispetto che si deve «al dramma della Shoah, e alle milioni di vittime innocenti che ha travolto, dovrebbe consigliare ai legislatori di evitare di trasformare il Codice penale senza tener conto dei principi fondamentali del diritto moderno, abbandonando la via della risposta reattiva rispetto ai fatti di cronaca ed imboccando quella di un diritto penale minimo e costituzionalmente orientato».
Anche gli storici sono contrari. La Sissco (Società italiana per lo studio della storia contemporanea, ovvero la crema degli storici) ha lanciato un appello: «Nutriamo forti perplessità verso iniziative legislative che, nell’intento di contrastare tali fenomeni, finiscano per limitare la libertà di opinione, senza la quale, tra l’altro, sono impossibili ricerca scientifica o dibattito storiografico. I “reati”, finché si tratta di opinioni, non sono infatti tali». All’appello si sono già associati due storici prestati alla politica, quali Miguel Gotor e Andrea Romano. Ha dichiarato Gotor (Pd): «Non voterò mai a favore di una legge del genere. Da storico sono contrarissimo. Da politico penso che sia un clamoroso errore regalare una larga platea a queste persone». Gli ha fatto eco Romano (Scelta civica): «Io farò le barricate. Sono uno studioso dell’Urss; per noi è pane quotidiano il dibattito se il lager nazista sia confrontabile o meno con il gulag sovietico, per me è inammissibile che tutto ciò possa finire sotto il vaglio di un giudice penale. Pur nutrendo il massimo disprezzo possibile per chi difende teorie negazioniste, lasciamo libero il dibattito». Ed è quanto sostiene la Sissco, attraverso il suo presidente Agostino Giovagnoli: «Sulla definizione di genocidio e su quali siano stati i genocidi nella storia, tranne qualche caso, non vi è accordo tra storici o tra giuristi. Ancor meno c’è accordo su quali vadano considerati i crimini di guerra e contro l’umanità. Spetterebbe al giudice pronunciarsi su una materia squisitamente storica».

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