La “cricca” del caro estinto rubava i pace-maker ai morti. Scandalo necrofilo a Pesaro, ventisette indagati

23 Ott 2013 12:00 - di Guglielmo Federici

Un un vero e proprio “cartello del caro estinto”, una “cricca” macabra quella scoperto dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Pesaro con l’indagine “Lazarus”, conclusa dopo due anni di lavoro. Al centro dell’inchiesta, coordinata dalla procura pesarese, una lunga serie di abusi commessi dai cinque necrofori finiti agli arresti domiciliari, all’epoca dei fatti in servizio presso l’obitorio dell’Ospedale San Salvatore di Pesaro. Stando alle accuse, i cinque vestivano i defunti per i funerali incamerando le somme che avrebbero dovuto versare all’azienda sanitaria. Spesso si recavano a casa delle persone decedute in orario di lavoro, abbandonando l’obitorio. Ai familiari dei morti vendevano a caro prezzo – in media 500 euro – un paio di scarpe, un abito o un rosario per comporre la salma nella bara. I titolari delle imprese di pompe funebri pensavano poi a ricompensare i necrofori con somme comprese fra i 100 e i 500 euro, tanto che a fine mese i cinque potevano contare su mance extra fino a 10mila euro. E non è finita: tre degli arrestati sezionavano le salme senza autorizzazione, asportando presidi sanitari come i pace-maker, e praticando iniezioni di formalina per “abbellire” i cadaveri. Una filiera “mortuaria” che ha coinvolto anche due operatori cimiteriali, ora sotto inchiesta e sottoposti ad obbligo di dimora: pilotavano i casi di riesumazione delle salme in cambio di denaro versato da imprese compiacenti. Ventisette gli indagati a piede libero fra medici, dipendenti pubblici e impresari di pompe funebri: o chiudevano un occhio davanti alle truffe, o peggio erano d’accordo con i necrofori. I reati ipotizzati sono peculato, truffa aggravata, rivelazione d’ufficio, esercizio abusivo della professione medica. In caso di condanna, la “cricca” di Lazarus rischia pene severe.

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