Per chi non l’avesse capito, il Papa non ha “aperto ai matrimoni gay”

30 Lug 2013 20:08 - di Marcello De Angelis

Ha generato incredibile entusiasmo – e incomprensibile rilevanza – una mezza frase di Papa Francesco che suonava più o meno come un “chi sono io per giudicare i gay?”. Ovviamente il Papa non ha detto questo. Anche perché il Pontefice non ha in suo potere l’interpretazione arbitraria dei dettami della dottrina della Chiesa, visto che è il vicario di Cristo sulla Terra. Il Vescovo Bergoglio ha giustamente ribadito – cosa ovvia per qualunque cattolico – che nessun uomo (foss’anche il Papa) può permettersi di giudicare la sincerità con cui un altro uomo si avvicina alla Fede. Inoltre a nessun uomo è consentito giudicare un altro per le sue inclinazioni. La Chiesa ovviamente – e anche gli esseri umani – possono giudicare i comportamenti e gli atti che giudichino in contrasto con i propri valori. Il Papa non giudica un “gay” per il suo orientamento sessuale, ma non può esimersi dall’esprimere un giudizio – in conformità con le scritture e con la dottrina della Chiesa – riguardo a eventuali linee di condotta. Infatti il Papa ha detto che non giudica il singolo, ma le lobby, intendendo quelle organizzazioni che propugnano comportamenti che sono antitetici con i principi della Chiesa. L’alternativa sarebbe rottamare e sciogliere la Chiesa stessa. Non si capisce che cosa ci sia di così difficile da comprendere sul fatto che le pratiche omosessuali siano incompatibili con qualunque religione. Persino con il Buddismo. Il punto è che se si crede che gli uomini siano stati creati uomo e donna per accoppiarsi e dare vita ad altri esseri viventi è evidente che l’accoppiamento tra persone dello stesso sesso è difficilmente inquadrabile nel disegno divino. I fondamentalisti dell’orgoglio gay d’altronde non fanno sconti nemmeno a Giovanni Paolo secondo, al quale non perdonano il giudizio che espresse sulla pratica omosessuale come “cultura della morte”, nel senso di una cultura che propugna l’interruzione del rinnovamento della vita che avviene naturalmente attraverso la procreazione. L’argomentazione opposta è che oggi grazie alla scienza la vita si può pianificare e ottenere in laboratorio, quindi il rapporto sessuale in sé non ha più quella funzione che attiene, secondo alcuni, solo alla nostra natura animale. Ma chi la pensa così non è costretto a dirsi cattolico o cristiano, quindi può ricusare il battesimo e vivere felice nelle sue convinzioni. La Chiesa, in conclusione, sembra restare – come dicono i detrattori di Bergoglio – “persecutoriamente nemica del diritto degli omosessuali di vivere il proprio orientamento”. Il Papa, a dirla in modo banale, “fa solamente il suo lavoro”. Che è dire cosa la Chiesa approvi e cosa no. E la Chiesa non impone a nessuno ma indica una via. Lo Stato, che è laico, deve garantire a ognuno il diritto di vivere appieno le proprie inclinazioni, ma non può imporre quelle di una minoranza contro la sensibilità della maggioranza. Almeno per ora.

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