I giovani snobbano le tessere del Pd. La sinistra si ritrova un’esigua base militante. E la destra?

15 Lug 2013 16:38 - di Redattore 54

È di notevole interesse l’inchiesta di Federico Geremicca che, su La Stampa odierna, offre alcuni dati sulla campagna per le iscrizioni 2013 del Partito democratico. A Largo del Nazareno hanno fissato un obiettivo: 750mila iscritti, ma per ora il Pd è ancora lontano dalla meta, attestandosi su 500mila iscritti e registrando un calo costante di tesserati dal 2011 in poi. Ma ciò che è più rilevante, anche se si tratta di una conferma e non certo di una scoperta sensazionale, è la disaffezione dei giovani nei confronti del principale partito della sinistra.

Scrive Geremicca: “Un esercito un po’ in là con gli anni, però, quello del Partito democratico. L’età media dei 500mila dell’anno scorso era di 54 anni, stagione in cui più che alla guerra si comincia a pensare alla pensione”. I tesserati sono in maggioranza delle regioni centrali mentre al Sud latitano sia gli iscritti giovani sia quelli più maturi. Ovviamente spetta al Pd interrogarsi principalmente sulla cause del fenomeno ma certo è curioso che un partito la cui storia è così saldamente intrecciata ai movimenti giovanili del dopoguerra italiano resti a corto di ossigeno militante, quello che solo i giovani sono in grado di dare a un progetto politico. Dalla Fgci, del resto, provengono due leader ancora molto influenti nel Pd come Veltroni e D’Alema. Oggi, invece, a stento si conosce il nome di chi guida l’organizzazione giovanile del partito. Oggi il competitor principale della classe dirigente post-Pds è un quarantenne che da giovane frequentava i quiz televisivi. Non che non ci siano volti giovani, ma sono quelli spendibili mediaticamente, nella guerra degli ascolti e non certo nelle barricate di piazza. Come Alessandra Moretti e, prima di lei, Debora Serracchiani, che entrambe vengono da un curriculum di “buona amministrazione”.

Certo gli ideali della sinistra riformista non possiedono particolare appeal per i giovani né del resto avrebbe senso un richiamo identitario alle parole d’ordine del vecchio marxismo. Si aggiunga che il Pd ha rinunciato a ogni funzione “padagogica” nei confronti della sinistra antagonista, oscillando tra silenzi e fiancheggiamenti rispetto alle loro iniziative. C’è dunque una “storia” dietro le mancate tessere giovanili che non può essere ridotta alla sola causa dell’allergia alle larghe intese.

In modo speculare, anche la destra ha vissuto la stessa disaffezione anche se viene dalla guida del mondo giovanile un volto noto e apprezzato come quello di Giorgia Meloni, da tanti indicata come unico soggetto in grado di rimettere insieme i cocci di un’area frammentata e divisa. Ma il caso singolo non basta certo a coprire un problema più complesso e profondo: la destra di governo, come la sinistra di governo, non è stata in grado di trasmettere passione a quella che un tempo si chiamava la base militante, formata principalmente da giovani, e ha dovuto ripiegare sui politici di professione. E quando si contano le tessere, come avviene oggi nel Pd, tutto va messo in bilancio.

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