L'anteprima
“Charlie Kirk” di Gabriele Caramelli: un’orazione civile per non lasciar cadere il microfono della lotta contro il nichilismo
Kirk aveva scelto di stare in prima linea, là dove si combattono da anni le cosiddette cultural wars. Davanti alla potenza divinatoria della parola, ciò che più occidentale non si può, si è scatenata la furia irrazionale dell’odio. Il suo esempio invita a un salto collettivo oltre la siepe del pensiero debole
*Pubblichiamo la prefazione al libro del nostro collega del Secolo d’Italia Gabriele Caramelli “Charlie Kirk – La Fede, il Coraggio e la Famiglia” (Passaggio al Bosco), firmata dal direttore Antonio Rapisarda.
Con Charlie Kirk, ad essere colpito a morte è stato il canone occidentale. Lasciando perdere Voltaire – tanto citato quanto sistematicamente eluso dai suoi fantomatici estimatori –, parliamo di quell’impasto di spirito dialettico tipico delle società maturate sulla forza della retorica: prassi con cui ci si misura come «animali politici», fin dagli albori del vivere civile, nel foro pubblico. Charlie Kirk è stato ucciso da un animale “impolitico” e disgraziato. E dileggiato poi, da morto, dalle iene antifasciste: le truppe scelte del luogocomunismo. Tutto questo è avvenuto proprio perché il fondatore di Turning point è stato interprete formidabile – di fatto imbattibile – della forza della parola nella sua versione 2.0, tanto virale come format quanto ana-logico nella costruzione: con il suo amato vis a vis. Al motto di «prove me wrong»: dimostrami che sbaglio. Competizione e maieutica.
Charlie Kirk in prima linea nelle guerre culturali
Charlie Kirk ha scelto di stare letteralmente in prima linea, là dove si combattono da anni le cosiddette cultural wars: nelle università, la vera centrale della “grande decostruzione”, dove le discipline sono state sostituite dai gender studies e dalle prepotenze delle minoranze woke. Perché proprio dai campus, dalla fine degli anni ‘80, è partita l’infezione: sono state le stesse élite accademiche, per dirla con Chistopher Lasch, le prime «ad aver perso la fede nei valori dell’Occidente o in quanto ne rimane». Già: fede, valori, Occidente. Nell’epoca dove si pensa che i contrafforti concettuali siano ridotti allo stato gassoso (ben oltre la “liquidità” di Bauman), Kirk ha smascherato l’inganno del nichilismo riportando al centro la questione antropologica: il sangue, il suolo, l’anima, la sua unicità, il sistema valoriale come antidoto alla discordia. Non solo.
Nell’epoca della rimozione del sacro Charlie Kirk è stato un intellettuale d’azione
Nell’epoca della rimozione del sacro, l’intellettuale d’azione ha indicato nel dispositivo della fede e della ragione – esattamente come recita l’enciclica Fides et ratio – quella via che amplifica «lo spirito umano». Lo ha fatto in pubblico e per il pubblico: da cristiano, per i figli di Dio. Ossia per tutti: senza distinzione di sesso, razza e religione. O identità, inclinazione, appartenenza. Con enorme successo, ne sa qualcosa Donald Trump, che gli ha di fatto affidato i dialoghi con la generazione Z. Il peccato più grande, agli occhi dei suoi odiatori, è stato proprio questo: aver scelto di parlare all’altro da sé.
Aver accettato la sfida dell’egemonia investendo in una preparazione fuori dal comune e nella produzione di strumenti capaci di “surfare” sul Kali yuga, di rovesciare la piramide dell’agenda setting e sedurre così decine di migliaia di giovani americani parlando di Dio, famiglia e patria. In quest’ordine. Che cosa ci restituisce la sua storia? Lo abbiamo indicato raccontandola con ammirazione sul Secolo d’Italia: il martirio del logos.
Davanti alla potenza della parola si è scatenata la furia irrazionale dell’odio
Davanti alla potenza divinatoria della parola, ciò che più occidentale non si può, si è scatenata la furia irrazionale dell’odio. E Charlie Kirk è stato odiato da vivo, per il suo coraggio, e forse ancora più da morto: come è avvenuto – qui in Italia – con tanti martiri del pensiero, da Giovanni Gentile a Sergio Ramelli. Perché le idee, quelle capaci di muovere il mondo, diventano presto bandiere. E gli exempla diventano modelli.
Dall’altro lato, la sua brutale uccisione ha portato all’attenzione del grande pubblico ciò che è chiaro da anni: il fanatismo “antifa” è ormai assimilabile a una setta religiosa. E il rifiuto di elaborare la gravità dell’istinto censorio, da quelle parti, è parallelo alla coscienza obnubilata dei suoi cattivi maestri: alla loro incapacità di darsi una spiegazione davanti a questo moto irresistibile dei popoli occidentali ed europei che reclamano identità e rappresentanza. Insieme al desiderio di tornare ad essere comunità di destino.
L’eredità di un uomo: oltre gli steccati ideologici
Che fare, dunque, con l’esempio di Charlie Kirk? Adorarne le ceneri? Tutt’altro. È tempo di un salto collettivo oltre la siepe del pensiero debole. Lo spiega bene Gabriele Caramelli in questo suo primo pamphlet che è una vera e propria orazione civile: «Prendere in mano il microfono lasciato a terra da Kirk». E continuare così, aggiungiamo noi, a rivolgersi alla moltitudine: «Allora, dove eravamo rimasti?». Avanti il prossimo. Ben venga il prossimo.