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Il duplice omicidio nel 2022

Madre e figlia uccise a Modena un mese dopo la richiesta di codice rosso: rinviato a giudizio un carabiniere

L'autore dell'omicidio condannato all'ergastolo in primo grado si è visto ridurre la pena a 30 anni in appello. Il militare non diede corso alla denuncia

Cronaca - di Paolo Cortese - 22 Ottobre 2025 alle 15:13

Prima di essere uccisa, insieme alla figlia, dal marito, Gabriela Tranfadir aveva denunciatoSalvatore Montefusco in caserma, chiedendo l’attivazione del codice rosso. Ma il luogotenente dei carabinieri, che aveva raccolto la denuncia, non fece niente. E per questo è stato rinviato a giudizio  immediato per l’accusa di rifiuto o omissione di atti d’ufficio.

I fatti

 Gabriela Trandafir il 13 ottobre 2022 venne assassinata a fucilate da Salvatore Montefusco, insieme alla figlia Renata, a Cavazzona di Castelfranco Emilia (Modena). L’uomo di recente è stato condannato in Appello con la Corte che ha riformato la condanna a 30 anni dopo l’ergastolo del primo grado.

Gabriela presentò la denuncia nel luglio del 2021, inutilmente. Il militare dovrà rispondere anche per non aver proceduto nei termini previsti dalla querela.

I legali della famiglia hanno precisato di non avere denunciato il militare, sottolineando come la Procura della Repubblica di Modena si sia mossa autonomamente.

L’omicidio e lo sconto in secondo grado

Aveva suscitato polemiche la decisione della Corte di appello di Modena di trasformare l’ergastolo in una condanna a 30 anni per Salvatore Montefusco. “Arrivato incensurato a 70 anni, non avrebbe mai perpetrato delitti di così rilevante gravità se non spinto dalle nefaste dinamiche familiari che si erano col tempo innescate.La situazione che si era creata nell’ambiente familiare lo ha indotto al tragico gesto”, scrivono i giudici di secondo grado nelle motivazioni.

Per la Corte d’Assise di appello  Modena l’uomo era “meritevole di beneficiare delle attenuanti generiche perché incensurato, per la sua confessione, per il contegno processuale e per la situazione che si era creata in famiglia”.

Nella sentenza si fa riferimento “alla condizione psicologica di profondo disagio, umiliazione e enorme frustrazione vissuta dall’imputato, a cagione del clima di altissima conflittualità che si era venuto a creare nell’ambito del ménage coniugale e alla concreta evenienza che lui stesso dovesse abbandonare l’abitazione familiare”. Questo avrebbe provocato un ‘black out emozionale ed esistenziale'”. Una sentenza che ha fatto registrare posizioni di netta critica da parte dell’associazionismo che tutela le donne vittime di violenza.

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