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Delitto Nada Cella, cold case lungo 29 anni. La Pm chiede l’ergastolo per Anna Lucia Cecere e 4 anni per il commercialista, datore di lavoro della vittima

Svolta sul "cold case"

Delitto Nada Cella, pm chiede l’ergastolo per la Cecere. Uccise per “invidia e frustrazione con crudeltà”: con calci, pugni e (forse) una pinzatrice

La Procura chiude il cerchio sull'imputata, sospettata numero uno del caso, accusata di aver ucciso la segretaria 24enne con "lucida follia". E chiede quattro anni per il commercialista Marco Soracco per aver mentito e favorito la sua impunità. La sentenza a settembre (dopo 29 anni di mistero)

Cronaca - di Greta Paolucci - 30 Ottobre 2025 alle 14:17

Delitto Nada Cella è uno dei cold case che più ha dilaniato, commosso, e tormentato l’opinione pubblica scossa, profondamente, da una vicenda rimasta insoluta fino ad oggi da ormai ben 30 anni (29 per l’esattezza). Da quando il corpo di quella giovane donna, una segretaria di 24 anni, fu trovato dalle forze dell’ordine inerme sul pavimento e immerso nel suo stesso sangue. Era la mattina del 6 maggio 1996 a Chiavari (Genova). Quella mattina, Nada fu trovata in un lago di sangue nell’ufficio. Era stata colpita ripetutamente alla testa con un oggetto contundente (mai ritrovato). A scoprirla fu il suo datore di lavoro, Marco Soracco.

Delitto Nada Cella, chiesti l’ergastolo per Cecere e 4 anni per Soracco

Uno degli aspetti più critici dell’indagine iniziale fu la gestione della scena del crimine. Inizialmente, l’accaduto fu trattato come un incidente, non come un omicidio. Di conseguenza, l’area non fu adeguatamente isolata e venne irrimediabilmente contaminata. In particolare, è emerso che la madre di Soracco, pulì le scale e il ballatoio antistante l’ufficio, compromettendo definitivamente alcune prove che avrebbero potuto portare a una risoluzione più efficace e rapida.

Marco Soracco fu il primo a essere sospettato, ma venne scagionato grazie a un alibi e ai test del Dna. E così, il caso rimase un cold case irrisolto per molti anni. Fino ad oggi. Quando la pm Gabriella Dotto ha terminato la lunga requisitoria per il processo sul delitto di Nada Cella, chiedendo l’ergastolo per Anna Lucia Cecere, accusata di omicidio, e quattro anni per il commercialista Marco Soracco, accusato di favoreggiamento. Sì, perché il fascicolo è stato riaperto. E le indagini hanno portato a una svolta decisiva dopo circa 29 anni dall’omicidio.

La nuova indagata

Le attuali indagini, riaperte grazie a nuovi elementi (come dei capelli ritrovati) e un riesame delle testimonianze, si sono concentrate su Annalucia Cecere, un’ex insegnante e conoscente di Soracco, con cui avrebbe avuto una presunta frequentazione.

Il movente (ipotizzato)

Secondo l’accusa, il movente dell’omicidio sarebbe la gelosia e l’odio di Cecere nei confronti di Nada Cella, forse perché quest’ultima, su ordine di Soracco, le impediva di contattare il commercialista.

Il processo e gli imputati alla sbarra

Gli imputati oggi: il caso giunto a processo. Gli imputati sono tre. Annalucia Cecere: accusata di omicidio volontario aggravato. Marco Soracco: accusato di favoreggiamento e false dichiarazioni ai Pm, perché avrebbe saputo da subito chi era l’assassina ma avrebbe taciuto per paura. Marisa Bacchioni (madre di Soracco): accusata di favoreggiamento e false dichiarazioni (soprattutto in relazione alla pulizia della scena del crimine).

Delitto Nada Cella, la Procura: «Cecere mossa da invidia e crudeltà, Soracco ha aiutato  l’impunità»

E così arriviamo a oggi. Quando la pm Gabriella Dotto, terminata la lunga requisitoria per il processo sul delitto di Nada Cella, ha chiesto l’ergastolo per Anna Lucia Cecere, accusata di omicidio. E quattro anni per il commercialista Marco Soracco, accusato di favoreggiamento. Per Cecere, ex insegnante originaria di Cuneo, la pm ha chiesto che vengano riconosciute le aggravanti dei futili motivi e della crudeltà, escludendo invece le attenuanti legate all’infanzia difficile. «Il delitto è avvenuto quando l’imputata era ormai adulta – ha spiegato Dotto in aula –. La distanza temporale da quei momenti difficili e i comportamenti persecutori successivi per conservare l’impunità impediscono l’attenuazione della pena».

Delitto Nada Cella, sia la Cecere che Soracco si sono sempre sottratti al confronto

La pm ha sottolineato inoltre che Cecere non ha mai partecipato al processo, né accettato di essere interrogata. «Si è sempre sottratta all’esame, così come Soracco. Di lui abbiamo solo dichiarazioni spontanee contraddittorie, che non avrebbero retto a un confronto approfondito».

La Procura chiede l’ergastolo per Annalucia Cecere: «Uccise Nada Cella con lucida follia»

Secondo la Procura, i futili motivi vanno individuati nella sproporzione tra le ragioni del gesto e la violenza esercitata. «Non si tratta di rivalità sul lavoro o di gelosia in senso stretto – ha detto la Dotto –. Alla base vi è l’invidia, la frustrazione per i riconoscimenti ottenuti da Nada Cella e negati all’imputata. Il raptus nasce dall’instabilità e dalla mancanza di autocontrollo che hanno dato sfogo alla furia omicida».

La volontà di fare male: calci, pugni e un oggetto contundente come una pinzatrice

Quanto alla crudeltà, la pm ha richiamato la giurisprudenza che definisce l’aggravante come la volontà di infliggere un dolore aggiuntivo alla vittima. «Nada non muore subito, si difende fino all’ultimo. L’omicida usa strumenti diversi – calci, pugni e un oggetto contundente come una pinzatrice – per colpirla anche a terra. È la dimostrazione di una volontà di fare più male».

Delitto Nada Cella, la pm: «Gravissima la condotta di Soracco»

Nei confronti di Soracco, difeso dall’avvocato Andrea Vernazza, la pm ha chiesto il massimo della pena prevista per il reato di favoreggiamento. «La sua condotta è gravissima – ha affermato Dotto –. Ha mentito sempre, contribuendo in modo determinante a garantire per anni l’impunità di Cecere». Soracco, datore di lavoro della vittima, era stato indagato per omicidio nel 1996 e poi prosciolto due anni dopo.

Delitto Nada Cella: la sentenza prevista per settembre

Secondo l’accusa, avrebbe coperto Cecere, con la quale avrebbe intrattenuto un rapporto di amicizia o frequentazione, in un contesto nel quale la donna avrebbe sperato di “sistemarsi”. Dopo decenni di silenzio, l’inchiesta è stata riaperta nel 2021 grazie a nuovi elementi e al lavoro della criminologa Antonella Delfino Pesce. E si è trasformata nel processo tuttora in corso davanti alla Corte d’Assise di Genova, iniziato lo scorso febbraio. La sentenza è prevista a settembre.

 

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di Greta Paolucci - 30 Ottobre 2025