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Aspettando “Avengers: Doomsday”

Il riscatto dopo i flop?

Aspettando “Avengers: Doomsday”: così il dottor Destino può curare la Marvel dalla sbronza woke

Negli ultimi anni il MCU ha sbiadito personaggi e storie in nome dell'inclusività e del politicamente corretto, pagandola anche al botteghino. Perché il pubblico non cerca sermoni o manifesti ideologici, ma eroi. E impazzisce per quelli che si proclamano sfacciatamente "genio, miliardario, filantropo e playboy"

Cronaca - di Guglielmo Pannullo - 28 Settembre 2025 alle 07:00

Il Marvel Cinematic Universe (MCU) è stato per oltre un decennio il più grande fenomeno di intrattenimento globale. Dall’esordio con Iron Man nel 2008 fino al trionfo di Avengers: Endgame nel 2019, la saga ha catalizzato milioni di spettatori, ridefinendo il concetto stesso di blockbuster. Eppure, negli ultimi anni, la macchina perfetta si è inceppata. I dati al botteghino, i giudizi della critica e le reazioni dei fan raccontano di un lento e inesorabile declino.

Il successo delle prime fasi Marvel è legato a personaggi che sapevano incarnare un mito credibile. Tony Stark, interpretato da Robert Downey Jr., era l’eroe pop per eccellenza: brillante, arrogante, imperfetto, ma capace di un percorso umano e narrativo culminato nel sacrificio finale, da vero protagonista del più classico “Bildungsroman”. Stark era un personaggio con un’aura magica, ma al tempo stesso plausibile proprio perché imperfetto: un surrogato della realtà in grado di offrire al pubblico un simbolo da seguire. L’eroe deve essere irrealistico, ma mai percepito come falso o imposto.

Con la conclusione di Endgame, la Marvel ha intrapreso un nuovo corso, inaugurando la Fase 4 e poi la 5. Qui, però, si è verificata la rottura: le sceneggiature si sono fatte deboli, piene di buchi narrativi e di scelte incoerenti con la tradizione fumettistica. I successi al botteghino hanno assuefatto la produzione, che credeva in una crescita continua, e portato a un eccesso di offerta di scarsa qualità: un diluvio di sequel, spin-off e serie ha saturato il pubblico, più affezionato alle figure originali e meno infantili, per quanto divertenti. Infine, il tema ideologico ha polarizzato e esacerbato gli animi: la scrittura ha piegato i personaggi a esigenze “inclusive” e “woke”, sacrificando la coerenza e, soprattutto, la fedeltà ai fumetti, cosa cui i lettori sono molto attenti. La scelta dei protagonisti è spesso sembrata guidata più da un’agenda politica che da esigenze narrative.

Il risultato è stato una serie di flop certificati al botteghino: Ant-Man and the Wasp: Quantumania non ha coperto i costi, The Marvels è crollato con un’apertura da record negativo, e persino film attesi sono stati accolti con freddezza. Solo poche eccezioni, come Doctor Strange in the Multiverse of Madness, hanno parzialmente retto. E non a caso, visto che l’attore, Benedict Cumberbatch, è familiare al pubblico, molto performante, e il personaggio di Strange è eroico non meno di Tony Stark, con l’aggiunta dell’aspetto magico e metafisico, ingrediente mai banale se si tratta di eroi.

Il pubblico non cerca sermoni o manifesti ideologici. Cerca eroi. Figure carismatiche e simboliche, capaci di incarnare valori universali come il coraggio, il sacrificio, la difesa della famiglia. Quando il mito supereroico viene distorto in chiave propagandistica, lo spettatore si sente tradito. Un tradimento alla trama e ai tipi che la compongono, quasi sempre equivale a un fallimento del prodotto finale.

Non a caso, per la Fase 6 Marvel torna alle origini. L’uscita de I Fantastici Quattro ha aperto la nuova era, con un cast più in linea con le aspettative del pubblico (Pedro Pascal in particolare) anche se con un prodotto tiepido e a tratti ingenuo. Ma il vero evento sarà Avengers: Doomsday (2026), affidato ai fratelli Russo e con il ritorno di Robert Downey Jr. nel ruolo di Victor von Doom, simbolo di un recupero dei personaggi forti e iconici che hanno fatto la fortuna del franchise. Viene richiamato a risollevare i destini Marvel un attore che rappresenta tutto ciò che il progressismo arcobaleno odia, ovvero un eroe, maschio, bianco “genio, miliardario, filantropo e playboy” – come recita il suo personaggio in una delle scene più iconiche della saga – ma tanto caro all’immaginario collettivo del mondo non ideologizzato.

Il MCU resta un fenomeno culturale, ma non bisogna dimenticare la sua natura: intrattenimento. I supereroi non sono pensati per impartire lezioni di morale, ma per offrire avventure spettacolari e, nella migliore delle ipotesi, modelli eroici. La Marvel lo aveva capito bene all’inizio, salvo poi smarrirsi dietro alle logiche del politicamente corretto. Ora, con la Fase 6, i Marvel Studios cercano di riconquistare il pubblico tornando ai simboli (e agli attori) che hanno reso grande il franchise. Se riusciranno davvero a farlo, dipenderà dalla capacità di ricordare che il supereroe non è una bandiera ideologica, ma un mito moderno: irrealistico, sì, ma sempre profondamente umano.

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di Guglielmo Pannullo - 28 Settembre 2025