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Vaccini e segreti

Pfizergate, cala il sipario: von der Leyen rinuncia al ricorso, la sentenza della Corte europea diventa definitiva

Resta valida la condanna del Tribunale Ue, emanata a maggio, sulla gestione degli sms tra la presidente della Commissione e l’amministratore delegato della società farmaceutica

Esteri - di Alice Carrazza - 30 Luglio 2025 alle 16:23

La Commissione europea ha deciso di non presentare ricorso. Con la scadenza del termine per impugnare la sentenza del Tribunale dell’Ue sul cosiddetto Pfizergate, la presidente ha optato per il silenzio. Nessun appello, nessuna replica. La decisione che rimprovera Bruxelles per la scarsa trasparenza nella gestione dei messaggi scambiati tra Ursula von der Leyen e l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, è dunque definitiva.

La Commissione rinuncia al ricorso: la sentenza diventa definitiva

Il verdetto, emesso a maggio, stabilì che l’esecutivo europeo non motivò adeguatamente l’assenza di conservazione di messaggi potenzialmente significativi. A sua discolpa, la Commissione ribadì che gli sms non contenevano «informazioni rilevanti» tali da richiederne la registrazione. Tuttavia, per il Tribunale avrebbero dovuto quantomeno essere accompagnati da una motivazione più dettagliata, se non archiviati secondo le norme vigenti.

Lo scambio tra Bourla e von der Leyen

Il caso è noto: nel 2021, in un’intervista al New York Times, la presidente della Commissione ha ammesso di aver scambiato messaggi con Bourla nei giorni che precedettero la firma del contratto miliardario per i vaccini anti-Covid. Bastò quella confessione a far scoppiare la polemica, alimentata da attivisti, avvocati e parlamentari che da tempo denunciano il clima di impunità documentale in cui si muovono, non di rado, le istituzioni europee.

Il Tribunale, nella sua sentenza, ha confermato che le spiegazioni fornite dalla Commissione «non soddisfano i requisiti di trasparenza» richiesti dal diritto europeo.

Una scelta che pesa, ma non svela

Il mancato ricorso è stato confermato da un portavoce della Corte. Una resa formale che però non spalanca le porte alla verità sostanziale. I messaggi tra Ursula e Bourla, quei testi brevi e sfuggenti che hanno accompagnato una delle decisioni più costose e vincolanti della storia dell’Unione, potrebbero non vedere mai la luce. «Il recupero potrebbe risultare tecnicamente difficile», ha ammesso lo stesso Tribunale. E Bruxelles si aggrappa a questa ipotesi come a una scialuppa.

Un portavoce della Commissione ha dichiarato che, in linea con la sentenza, verrà ora fornita «una spiegazione più dettagliata sul motivo per cui non detiene i documenti richiesti». Ma la sostanza rimane: gli sms non ci sono, o non si vogliono trovare. Lo stesso ha aggiunto che la sentenza «non ha messo in discussione la politica della Commissione in materia di registrazione e accesso ai documenti», sottolineando come l’istituzione «resta pienamente impegnata a  mantenere trasparenza, responsabilità e comunicazione chiara con tutti gli interlocutori, incluse le istituzioni dell’Ue, la società civile e i portatori di interesse». Parole ponderate, scelte con cura. Ma il paradosso è evidente: si difende la trasparenza negando l’accesso a uno scambio chiave che ha preceduto un contratto da miliardi. Un gioco di specchi.

La mozione e il primo “no” pubblico di Ursula

All’inizio di luglio, mentre il conto alla rovescia per l’appello si esauriva senza esito, al Parlamento europeo si discuteva la mozione di sfiducia presentata dall’eurodeputato conservatore Gheorghe Piperea. Il bersaglio era chiaro: la gestione ambigua dell’affaire Pfizer. Von der Leyen ha superato agilmente la prova, blindata dai numeri della maggioranza, ma è stata costretta a rompere il silenzio. Per la prima volta ha preso la parola sul caso, definendo alcune delle accuse «semplicemente false».

Non ha però fornito nuovi elementi. Nessuna spiegazione su quei messaggi, nessuna riga in più su ciò che realmente fu detto, promesso o negoziato. Solo una smentita pronunciata con tono istituzionale.

Fine di un capitolo, non della storia

Il Pfizergate, almeno nella sua fase giuridica, sembra dunque chiudersi qui. Ma le domande restano, e con esse la sensazione che una pagina decisiva della storia europea sia stata scritta a mezza voce, con penne invisibili e inchiostro che evapora.

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di Alice Carrazza - 30 Luglio 2025