
La strana tesi dei Pm
Voti comprati a 50 euro? Per la Procura è un “peccato veniale”: chiesta l’archiviazione sul caso Puglia
Per i Pubblici ministeri baresi la Maurodinoia e gli altri indagati non commisero alcun reato ma, di fatto, furono protagonisti di una semplice leggerezza
Voti comprati a 50 euro e con la promessa di un posto di lavoro? Per la Procura della Repubblica di Bari si è trattato semplicemente di un “peccato veniale”. E per questo ha chiesto l’archiviazione per voto di scambio nei confronti dell’allora sindaco di Triggiano, Antonio Donatelli, e dell’ex numero uno di Sud al Centro, Sandrino Cataldo, marito di Anita Maurodinoia, che era assessore nella giunta regionale guidata da Michele Emiliano. La Maurodinoia, che si dimise prontamente dall’incarico regionale, è indagata nel procedimento.
La conferma dei soldi ottenuti in cambio dei voti
Secondo quanto riporta un articolo della Gazzetta del Mezzogiorno, i voti venduti in cambio di 50 euro o della promessa di un posto di lavoro sono stati ritenuti, dal punto di vista penale, un “peccato veniale” che non merita di finire a processo. Gli indagati, molti dei quali appartengono agli stessi nuclei familiari, ascoltate dai militari confermato hanno di aver avuto soldi: qualcuno ha detto di averlo fatto per pagare le bollette. Il 3 luglio davanti al gup Susanna De Felice si aprirà l’udienza preliminare nei confronti di Cataldo, Maurodinoia, Donatelli e di altre 15 persone accusate – a vario titolo e secondo le rispettive responsabilità – di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione commerciale, calunnia, corruzione e falso.
Le accuse sui voti comprati
Secondo l’accusa il meccanismo per procacciare voti avrebbe funzionato non solo nelle elezioni 2019 di Triggiano, ma anche in quelle di Grumo Appula del 2020 quando agli elettori è stato chiesto di votare sia per il candidato al Comune che per Maurodinoia, poi eletta alla Regione con 22mila preferenze e ribattezzata “lady preferenza” del Pd pugliese.
Abolire il voto di scambio ?
La richiesta dei pubblici ministeri baresi perplime. Perché non entra nel merito e quindi esclude che ci sia stato il voto di scambio ma ritiene “l’offerta” sostanzialmente tenue. 50 euro per ogni voto: la stessa “tariffa” utilizzata e scoperta in diversi comuni del sud, o la promessa di un posto di lavoro, sono un “peccato veniale”. A questo punto, in attesa delle decisioni del Gup e di quanto avverrà dopo, sarebbe più logico chiedere di abolire la norma inserita nel codice penale.
Il voto di scambio nel sistema penale
Il voto di scambio è un fenomeno che, nell’ambito della politica, si riferisce all’azione di un candidato il quale, in cambio di favori leciti o illeciti, prometta a un elettore di ricambiare il voto da parte di quest’ultimo con un tornaconto personale, o con una promessa dello stesso. Perché ci sia reato non c’è bisogno dello scambio di beni o di prestazioni, ma è sufficiente la promessa o l’accordo fra le due parti.
In Italia il voto di scambio non è di per sé una fattispecie di reato autonoma, tranne che nel momento in cui possa essere ascritto a soggetti a cui possa essere contestata attività di cui all’art 416 bis del codice penale italiano. Il voto di scambio può manifestarsi in un rapporto diretto fra politico ed elettore e/o con l’interposizione di interessi di organizzazioni mafiose, in cambio di denaro o di una raccomandazione per un posto di lavoro.