Trump colpito come Berlusconi? Augias senza limiti: “Bravi entrambi a sfruttare la manna dal cielo…”
“Certi toni violenti della sinistra rischiano di armare le mani di deboli di mente: è successo negli Usa, era capitato anche in Italia contro Berlusconi, mi auguro non ricapiti più”, ha scritto ieri sui suoi social il vicepremier Matteo Salvini, pubblicando il video della sua intervista al Tg1 sull’attentato a Donald Trump. “Spero – spiega nell’intervista – che questo serva a qualcuno che semina parole di odio, contro le destre, i fascisti, i razzisti, contro Trump, Bolsonaro, Fico o altri esponenti”. Poi il paragone con l’attentato a Silvio Berlusconi. “La politica – ha aggiunto – dovrebbe capire qual è il limite oltre il quale non spingersi. Questo non solo in Pennsylvania, questo anche in Europa. Pensiamo ai toni contro alcuni esponenti di centrodestra e di destra delle ultime elezioni europee. Pensiamo all’Italia, alle polemiche folli, rabbiose, ai toni, ma molto più in piccolo ai toni di certa sinistra ancora oggi a un anno di distanza dalla morte, contro Silvio Berlusconi per l’intitolazione dell’aeroporto di Malpensa”.
Trump come Berlusconi, la suggestione di La Russa e la provocazione di Augias
Lo stesso paragone è arrivato anche dal presidente del Senato Ignazio La Russa. “Quando ho visto le immagini di Trump dopo l’attentato, con il sangue in faccia e il braccio alzato, ho pensato subito all’ aggressione subita da Berlusconi quando venne colpito dalla statuetta del Duomo al viso”, ha detto ieri all’Ansa. Lui infatti alle 18,20 del 13 dicembre 2009 era lì, a Piazza Duomo a Milano, accanto al premier e, ricorda: “mi misi a correre dietro l’aggressore per acchiapparlo ma non ci riuscii”. Il leader di FI però alzò il braccio “con la mano aperta, per tranquillizzare la gente”, mentre Trump “ha alzato il pugno, ma la scena era davvero molto simile”, osserva.
Anche Corrado Augias, su Repubblica, oggi fa un accostamento tra quei due episodi, non senza malizia. “La reazione di Donald Trump al colpo che gli ha sfiorato l’orecchio destro è stata fulminea, nessun ragionamento, puro istinto. Come mostrano le immagini, quando ha avvertito un doloroso bruciore, s’è toccato la parte, ha guardato per un attimo la mano sporca di sangue e allora, mentre gli uomini (e una donna) dei servizi segreti lo circondavano facendo muro con i loro corpi trascinandolo via, s’è divincolato girandosi verso il pubblico ha alzato il pugno gridando “Combattere, combattere” ma soprattutto mostrando al popolo il volto rigato di sangue. Sono cose che non s’imparano, semplicemente si fanno se uno ha dentro di sé una naturale potenzialità istrionica, la consapevolezza che la lotta politica si fa anche esibendo le conseguenze di un attentato mancato. In piena campagna elettorale, una manna caduta dal cielo. La memoria corre immediatamente al 13 dicembre 2009 quando Massimo Tartaglia, 42 anni, perito elettrotecnico, aggredì Silvio Berlusconi dopo un comizio a Milano scagliandogli da poca distanza una piccola riproduzione in metallo del Duomo. Anche in quel caso il leader colpito, il volto rigato di sangue, due denti fratturati (ma questo si saprà dopo) si rese visibile nella ressa esponendo alla folla e alle telecamere il sangue che scorreva piuttosto abbondante. Come nel caso di Trump anche quello di Berlusconi fu un gesto immediato, istintivo, un riflesso condizionato, la consapevolezza che l’esibizione del sangue, nel caso di un leader politico, è un impareggiabile strumento di comunicazione…”.
Il perdono del Cavaliere a Massimo Tartaglia
Quello che non ricorda, Augias, è che l’attentatore di Berlusconi, Massimo Tartaglia, non fu ucciso e neanche arrestato, ma perdonato e “graziato” dal Cav. “Gli scrissi una lettera attraverso i miei avvocati per chiedergli di perdonarmi. Lo ha fatto. Non ha mai agito nei miei confronti. Avrebbe potuto chiedermi un risarcimento, avrebbe potuto rovinarmi…. E invece niente. Glielo riconosco. Mi ha graziato”, disse un paio di anni fa Tartaglia a Fanpage.