Premierato: il primo via libera al Senato manda in tilt la sinistra del “no” a tutto, a prescindere…

13 Giu 2024 7:57 - di Leo Malaspina

Non è bastato il mini-Aventino delle opposizioni in Senato per fermare il ddl Casellati che ieri ha incassato il via libera all’art.5, cuore della riforma che vuole il premier eletto direttamente dalle urne. Un via libera tra continue tensioni, interruzioni e scontri tra maggioranza e opposizioni, che, senza raggiungere il livello di scontro registrato alla Camera sull’Autonomia, ha visto i senatori spesso perdere la calma e lasciarsi andare a cori e insulti da stadio. Al netto della cronaca, a fine giornata, la maggioranza può guardare al traguardo in Senato. Con il voto finale sul premierato previsto “per martedì prossimo, quando ci saranno alle 15.30 le dichiarazioni di voto e il pronunciamento finale dell’Aula”, come ha sottolineato un compiaciuto presidente del Senato La Russa.

Premierato, seduta burrascosa e sceneggiata dell’opposizione

L’Aula, a fine mattinata -praticamente al termine dei tempi concessi all’opposizione per gli interventi- aveva intanto approvato l’articolo 5 del ddl, proprio quello che prevede l’elezione diretta della guida del governo, punto chiave della riforma. Un voto che ha visto i senatori del Pd, del M5S, di Avs e anche renziani e calendiani abbandonare per protesta l’Aula, dopo aver mostrato cartelli contrari, tra cui alcuni che richiamano frasi di Giacomo Matteotti come “Parlamentarmente”, “A me no”, ma anche “Bavaglio alla democrazia”, “Parlamento con il bavaglio”. Nel mirino i tempi contingentati per la discussione, ma soprattutto il merito della riforma che per le opposizioni rischia di minare l’assetto democratico, dando spazio a un premier che arriverà a limitare pure i poteri del capo dello Stato.

“Continueremo a batterci fino alla fine per chiedere il ritiro di una riforma pessima, pericolosa, sbagliata, utilizzeremo tutti gli strumenti democratici che abbiamo per fermarli”, promette Francesco Boccia, presidente dei senatori del Pd. Non basta al dem avere ottenuto qualche ora di dibattito in più: “Hanno concesso tempi aggiuntivi -ribatte- ma non sono 60 minuti in più o in meno che cambiano 78 anni di storia”. Alessandra Maiorino dei 5Stelle rincara la dose, parlando di “una riforma costituzionale che stravolge completamente l’assetto costituzionale”. Il capogruppo di Avs in Senato, Peppe De Cristofaro, punta infine il dito contro le forze di governo “che vanno avanti a colpi di maggioranza, ignorando la crisi democratica messa in luce dall’astensionismo alle scorse europee”.

Lo scontro con il ministro Casellati

Scintille si sono registrate nel pomeriggio dopo l’intervento del ministro Elisabetta Casellati che ha contestato all’opposizione un mero atteggiamento ostruzionistico: “Non parlate di dialogo se non c’è alcuna intenzione di sedervi al tavolo”, ha detto rivolta ai banchi di Pd, M5S e Avs. “Non accetto lezioni di democrazia da chicchessia -aggiunge- per una legge che non prospetta nessuna deriva autoritaria e nessuna lacerazione della carta costituzionale”. “Abbiamo mantenuto tutte le prerogative del capo dello Stato“, ha concluso contrariata dagli attacchi delle opposizioni.

Tensione anche sulla legge elettorale

Alta tensione anche sul tema della legge elettorale, che secondo quanto assicurato dalla maggioranza potrebbe essere discussa quando il testo sarà alla Camera. “Ho detto che avrei costruito la legge elettorale nel passaggio dal Senato alla Camera, quando ci sarebbe stata una ossatura della riforma, per non dare paletti rigidi a un dialogo che immaginavo fosse reale”, ha detto in Aula sempre Casellati, replicando alle opposizioni che continuano a porre il problema della mancanza di una previsione di legge elettorale da associare al premierato.

Tornando all’articolo 5, approvato solo per alzata di mano, sostituisce l’articolo 92 della Costituzione, introducendo l’ele­zione del presidente del Consiglio dei mini­stri a suffragio universale e diretto per cin­que anni, fissando un limite al numero dei mandati. Nel nuovo testo viene stabilito che il presidente del Consiglio possa essere eletto “per non più di due legislature consecutive, elevate a tre qualora, nelle precedenti, abbia ricoperto l’incarico per un periodo inferiore a sette anni e sei mesi”. Si dispone altresì che “le elezioni delle Ca­mere e del presidente del Consiglio abbiano luogo contestualmente”.

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