Schlein agita la piazza rossa per il 2 giugno: vuole mettere il cappello anche sulla Festa della Repubblica

9 Mag 2024 14:43 - di Romana Fabiani

Costituzione vandalizzata, deriva plebiscitaria alle porte, Parlamento in ginocchio, “cinico baratto”. Sono gli ultimi allarmi gridati dal Nazareno, quasi sorpreso dalla verve barricadera della segretaria Elly Schlein che, indossato l’elmetto, mira al nuovo bersaglio: il pericoloso premierato, anticamera neanche a dirlo di un nuovo Ventennio, in discussione al Senato. Così tutti in piazza il 2 giugno, Festa della repubblica, per riscaldare gli animi anti-meloniani. Pronta alla pugna, davanti all’assemblea straordinaria dei senatori la segretaria annuncia la mobilitazione. “Il 2 giugno faremo una grande manifestazione a difesa dell’Italia e dell’Europa, contro il premierato e l’Autonomia, perché siamo contro la disintegrazione dell’Italia e dell’Europa. Dobbiamo fare uscire forte la nostra voce”. Poi in un crescendo arringa i suoi con toni da guerrigliera. “In aula metterete la vostra voce e i vostri corpi per fermare questo scempio”.

Schlein convoca la piazza rossa il 2 giugno

Lo schema è fin troppo scoperto: mettere cappello sulla festa della Repubblica e trasformarla in un 25 aprile bis a sette giorni dal voto europeo. Dopo lo show andato in scena a Palazzo Madama con i senatori dem e pentastellati a stracciarsi le vesti contro la riforma e la valanga di emendamenti scaricati sul ddl Casellati (circa 3000), alla faccia del dialogo bipartisan, si lavora alla piazza rossa secondo un copione ben collaudato. Pugni chiusi, Bella Ciao, qualche insulto alla Meloni e tutti a urlare contro  “l’uomo solo al comando” per l’ultima carica prima del voto. Dopo il pericolo neofascista, Telemeloni e i poliziotti manganellatori arriva lo spettro del premierato. Che la segretaria dem è pronta a sbandierare nel confronto a distanza con la premier Meloni, in attesa del big match televisivo. “Leggo di leader che dicono di fermare la riforma con i corpi. Non so se leggerla come una minaccia o come una sostanziale mancanza di argomentazione nel merito”, ha detto la presidente del Consiglio, dopo aver letto le agenzie. Parole che spiazzano la segretaria dem che balbetta di “mistificazioni costanti di Giorgia Meloni”.

Vogliono mettere cappello sulla festa della Repubblica

Tra i primi a rispondere all’appello militante c’è Angelo Bonelli che annuncia “saremo in piazza contro la destra”.  Non è da meno Nicola Fratoianni: “Ci opporremo in Parlamento, nelle piazze, moltiplicheremo le mobilitazioni”. Come un ritornello ossessivo le opposizioni gridano al blitz del centrodestra (“Non si cambia la Costituzione a colpi di maggioranza”, tuona Schlein) all’accelerazione dei tempi parlamentari, all’assenza di confronto. Tutto smentito dai fatti: la commissione Affari costituzionale del Senato ha lavorato per 5 mesi al testo, poi corretto, prima di dare il via libera. Denunciare il golpe davanti a una riforma della seconda parte della Costituzione di cui si parla da decenni è a dir poco una forzatura. Il premierato è un facile alibi per scatenare la bagarre costi quel che costi. Una mossa disperata a sette giorni dalle europee che si preannunciano come una vittoria storia per il centrodestra.

Gasparri: calpestano le date con teppismo istituzionale

La scelta della data è una provocazione inaccettabile. Maurizio Gasparri non le manda dire: “Schlein e compagni non rispettano nemmeno la Festa della Repubblica del 2 giugno e vogliono, in quella data, fare una manifestazione contro le riforme in discussione in Parlamento per modernizzare la Repubblica. Calpestano le date con un teppismo istituzionale degno di miglior causa”. A dare manforte alla segretaria dem ci pensa il fedelissimo Francesco Boccia: “Dico a Gasparri che non siamo certo noi i teppisti istituzionali, ma piuttosto coloro che non avendo scritto la nostra Costituzione pensano oggi di stravolgerla”. Linguaggio militante, retorica alle stelle. A sentire i compagni addestrati da una Schlein in versione salvatrice della patria, sembra di trovarci a un passo dalla riedizione del Gran consiglio del fascismo. Peccato che gli italiani non sentano bruciare addosso lo stesso terrore per la tenuta democratica delle istituzioni.

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